“Non c’è un sicuro ravvedimento”, Cassazione: no a liberazione anticipata per Emmanuello

 
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Gela. Non ci sono le condizioni per concedere la liberazione anticipata al cinquantaquattrenne Alessandro Emmanuello, da sempre considerato uno dei capi storici dell’omonimo clan di Cosa nostra. I giudici della Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso presentato dal difensore, che contestava l’ordinanza di due anni fa, emessa dal tribunale di sorveglianza di Torino, che appunto negò il beneficio. Per la difesa, però, i giudici torinesi non avrebbero preso nella giusta considerazione il percorso intrapreso da Emmanuello, secondo il legale ormai distante dai suoi trascorsi criminali, in un clan che viene definito come “estinto”. Nel ricorso si insiste sul fatto che il beneficio della liberazione anticipata non possa essere subordinato alla collaborazione con la giustizia. Emmanuello, così come gli altri fratelli che ebbero un ruolo di vertice nella famiglia di Cosa nostra, non ha mai collaborato con i magistrati. Nelle motivazioni, si traccia un quadro del cinquantaquattrenne che conduce a concludere per l’assenza di un “sicuro ravvedimento”, pur in assenza negli ultimi anni di indagini che l’abbiamo coinvolto.

I magistrati capitolini fanno leva sul regime detentivo differenziato al quale è sottoposto Emmanuello, “indicativo di una non superata indicazione prognostica sfavorevole in punto di pericolosità soggettiva”, si legge nelle motivazioni. Tutte ragioni che hanno condotto a dichiarare “inammissibile” il ricorso.

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