Gela. Non ci fu un patto tra l’allora brigadiere della guardia di finanza e un medico locale, per favorire il professionista nel corso di una verifica fiscale. “Il fatto non sussiste”, così il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Ersilia Guzzetta e Eva Nicastro), ha disposto l’assoluzione per il militare in pensione Salvatore Zuppardo e per il medico Antonino Ciaramella. L’indagine partì da un presunto scambio di favori tra i due. Il finanziere avrebbe indicato alcuni escamotage al medico, nel tentativo di ridurre le conseguenze della mancata presentazione della dichiarazioni dei redditi, per uno degli anni sotto verifica. In cambio, il professionista avrebbe favorito l’ingresso nella Croce azzurra della figlia del finanziere, che così sarebbe riuscita ad ottenere accreditamenti in vista di possibili concorsi all’Asp. Tutti elementi che il pm Ubaldo Leo, a conclusione della sua requisitoria, ha ritenuto provati. Per il finanziere sono stati chiesti quattro anni di reclusione; due anni invece per il medico. Secondo il pm, entrambi avrebbero ottenuto reciproche utilità illecite. L’ipotesi contestata era di induzione indebita. Le difese dei due imputati, sostenute dagli avvocati Flavio Sinatra e Carmelo Tuccio, hanno però del tutto rivisto la tesi accusatoria. Entrambi hanno spiegato che in realtà non ci sarebbe stato nessun accordo illecito, nonostante i contatti tra gli imputati (gli inquirenti hanno accertato non meno di quarantatré telefonate nel periodo della verifica fiscale). I legali sono partiti dal presupposto che il medico subì comunque una pesante sanzione, che lo costrinse al versamento di almeno 70 mila euro, imposti dall’Agenzia delle entrate. Il fatto che la figlia del militare riuscì ad essere scelta per la Croce azzurra, come hanno ancora spiegato, non le assicurò nessun risultato di favore. E’ stato escluso che sia mai stato organizzato il concorso all’Asp, nel quale avrebbe inciso l’eventuale esperienza all’interno dell’associazione. I difensori hanno precisato che la donna non ottenne mai delle retribuzioni né rimborsi spese. Anche il ruolo limitato del brigadiere in quella verifica non gli avrebbe mai consentito di orientarla.
Le verifiche investigative partirono dopo la segnalazione inoltrata da un altro finanziere, che assistette ad una discussione intrattenuta dagli imputati, all’interno del comando locale della guardia di finanza. Insospettito, dato che stava per iniziare la verifica fiscale nei confronti del professionista, chiese di fare luce. I giudici del collegio penale non hanno accolto le conclusioni dell’accusa, ritenendo invece che non siano emersi elementi per sostenere che ci sarebbe stato un patto illecito tra i due.