Gela. Rimase per otto giorni in coma, dopo aver perso i sensi all’interno di una vasca di depurazione dei reflui di un complesso condominale, nella zona di Roccazzelle. Il giovane operaio vittima dell’incidente è stato sentito in aula, davanti al giudice Miriam D’Amore. Ha raccontato gli istanti precedenti alla caduta. “Mi venne detto di sbloccare un cestello e scesi con una scala – ha detto – iniziai a sentirmi male e poi non ricordo più nulla”. L’operaio era alle dipendenze della Mecogest, che risponde in giudizio insieme all’imprenditore Sebastiano Migliore e a Salvatore Falzone (sono difesi dagli avvocati Antonio Gagliano, Angelo Licata, Claudio Di Benedetto, Filippo Spina e Tiziana Ragusa). Per i pm della procura, il giovane non avrebbe avuto a disposizione i necessari sistemi di protezione, a cominciare dalla cintura di sicurezza. Lo stesso operaio non ha escluso che avesse con sé una mascherina. Gli ispettori del lavoro, come confermato in aula, emisero comunque dei verbali di infrazione. A chiedere all’operaio di scendere all’interno della vasca sarebbe stato Falzone, che comunque non era un dipendente dell’azienda.
In aula, è stata sentita l’amministratore del condominio, che si sarebbe affidata ad una società esterna per la gestione e il controllo anche del sistema di depurazione. Un altro dipendente Mecogest ha raccontato quanto accaduto nel giugno di quattro anni fa. Da quanto emerso, il lavoro non prevedeva l’intervento all’interno della vasca. L’operaio rimasto ferito era stato assunto solo due giorni prima. “Mi occupavo soprattutto di disinfestazione”, ha spiegato.