Gela. Una prima assoluzione, dall’accusa di non aver rispettato provvedimenti dell’autorità marittima, era arrivata lo scorso anno. Ieri, per l’ingegnere Marco Caterini, è stata pronunciata un’altra decisione favorevole, che ha fatto cadere i cinque capi di imputazione che gli venivano contestati dai pm della procura. La vicenda riguarda il motopontone “Trinacria” fermo al porto rifugio ormai da anni e del tutto inutilizzabile. A Caterini, che ne è proprietario, venivano addebitate accuse legate proprio alla mancata rimozione e demolizione e ad una presunta contaminazione ambientale, dovuta al carburante del mezzo e alla presenza di altre possibili fonti inquinanti. La procura, in aula, ha concluso con una richiesta di condanna a due anni e quattro mesi di reclusione. Il giudice Marica Marino, nel dispositivo emesso, ha invece disposto l’assoluzione con la formula “il fatto non costituisce reato” per quattro imputazioni. Sulla contestazione del presunto inquinamento ha statuito che “il fatto non sussiste”. Come spiegato dal legale dell’imputato, l’avvocato Davide Ancona, non venne mai riscontrata la sussistenza di un’effettiva fonte di inquinamento dello specchio d’acqua del porto rifugio, dove il motopontone è fermo da anni. La difesa ha inoltre sottolineato che non ci fu mai alcuna inerzia dell’ingegnere, che invece a più riprese chiese di ottenere il rilascio delle autorizzazioni per la rimozione e la demolizione, senza riuscirci. Solo di recente sono stati rilasciati i primi via libera.
Il legale, nelle conclusioni così come nel corso dell’istruttoria dibattimentale, non ha trascurato lo stato emergenziale nel quale versa il porto rifugio. Il perenne insabbiamento non ha mai veramente permesso di effettuare operazioni, comunque complesse, per rimuovere il “Trinacria”. Tutte ragioni che nonostante l’accertata prescrizione di diversi capi d’accusa hanno convinto il giudice a rilasciare una decisione di assoluzione piena nel merito.