Gela. Un lungo incidente probatorio che, adesso, è arrivato alla conclusione in attesa di capire quali saranno le decisioni dei magistrati della procura e del giudice delle indagini preliminari Fabrizio Molinari sul caso dell’ex impianto clorosoda della fabbrica Eni.
I periti confermano i dubbi sul collegamento impianto-patologie. Tra gli indagati, ci sono diversi responsabili dello stabilimento di contrada Piana del Signore succedutisi nel corso degli anni. Sono un centinaio, invece, i lavoratori già in servizio in quell’impianto, chiuso nel 1994, ad aver deciso di costituirsi parti civili. Davanti al gip, i componenti del collegio peritale scelti per analizzare tecnicamente la possibile esistenza di una connessione tra le sostanze lavorate in quell’impianto e le patologie contratte da molti operai, hanno confermato la linea assai dubitativa già emersa sia nella loro relazione finale che durante le audizioni svoltesi nelle precedenti udienze. In sostanza, secondo i ricercatori universitari Arnaldo Capelli, Ivo Iavicoli, Fabio De Giorgio e Salvatore Caputo, la quotidianità lavorativa vissuta, per decenni, dagli operai dell’impianto rientrerebbe “nella normale casistica di altri impianti dello stesso tipo”. Nella maggior parte dei casi, non ci sarebbero elementi certi per collegare le patologie contratte dagli operai con la loro esposizione alle sostanze presenti sul luogo di lavoro.
I legali di parte civile hanno chiesto chiarimenti. “Lo ribadiamo – hanno spiegato – nei casi analizzati, sul piano dell’esposizione al mercurio, non sono mai state superate le soglie minime indicate in letteratura. Né esistono dati certi che possano collegare i mielomi alla presenza di amianto”. I periti, inoltre, sono stati assai decisi nell’affermare che “tra i 118 lavoratori interessati dal procedimento non esistono casi di mesotelioma”. Gli avvocati di parte civile, però, hanno chiesto chiarimenti soprattutto facendo leva sulle fonti utilizzate dai periti. Così, è emerso che le uniche campagne di monitoraggio ambientale prese in esame sono state quelle commissionate da Syndial e, più in generale, dal gruppo Eni. I periti, comunque, non hanno nascosto che, soprattutto nei primi anni d’attività del clorosoda, le perdite di mercurio erano assai frequenti e le percentuali riscontrate nelle urine dei lavoratori decisamente elevate ma entro i limiti fissati dalla letteratura scientifica. Rispondendo alle domande delle parti civili, inoltre, i periti hanno confermato di non aver avuto a disposizione diversi dati relativi alle capacità produttive dell’impianto.
Chiuso l’incidente probatorio. Prima che il gip Fabrizio Molinari dichiarasse la conclusione dell’incidente probatorio, necessario per l’acquisizione di elementi utili nelle successive fasi del procedimento, i periti hanno ribadito di aver effettuato verifiche su tutte le possibili sostanze riscontrate nell’area dell’impianto. Una risposta che ha fatto seguito ad una precisa richiesta dei legali degli indagati.