Gela. Tanti “non ricordo” nel corso del suo esame, davanti al collegio penale del tribunale. Davide Nicastro, ormai uscito dal programma di protezione per i collaboratori di giustizia, ha spiegato di “aver dimenticato il suo passato”. Da tempo non collabora più con la giustizia, “perché voglio essere un cittadino normale”, ha detto in aula. E’ stato chiamato a testimoniare nel giudizio che riguarda Alessandro Pellegrino e Filippo Faraci. Sono accusati di averlo più volte minacciato. L’avrebbero fatto perché scelse di collaborare. Sarebbero diversi gli atti intimidatori ai suoi danni.
Sono state ricostruite minacce con una pistola, l’incendio di un’auto nei pressi della sua abitazione, quello della porta di ingresso di casa e scarpe “da morto” lasciate nell’androne dello stabile dove risiede con la famiglia. Nicastro, ad eccezione dell’incendio dell’auto, ha detto di non ricordare nulla. Così ha spiegato al pm della Dda di Caltanissetta Claudia Pasciuti e al difensore di Pellegrino, l’avvocato Giacomo Ventura, che ha prodotto la sentenza del procedimento “Falco”. Una pronuncia che ha escluso l’aggravante mafiosa per lo stesso Pellegrino. Nicastro, secondo gli investigatori sarebbe stato preso di mira anche in carcere. Per quest’ultima vicenda sono tre gli imputati che ne rispondono davanti al tribunale di Caltanissetta. Nel corso dell’udienza di ieri, inoltre, è stata sentita la consorte, che ha riferito di non aver mai saputo di minacce al marito.