Gela. Dopo il furto di un mezzo da lavoro e di un gran quantitativo di materiali, Nunzio Parisi avrebbe cercato di ottenere circa mille euro dagli imprenditori finiti al centro della vicenda.
I testimoni sentiti in aula. Un cavallo di ritorno costato il giudizio al trentacinquenne, accusato di estorsione ai danni proprio dei titolari dell’azienda edile danneggiata dai furti. E’ quanto emerge dalla testimonianza resa, davanti al giudice Miriam D’Amore, da due dei titolari che avrebbero subito le richieste estorsive. Gli imprenditori si sono costituiti parte civile con l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”, rappresentata in aula dall’avvocato Giuseppe Panebianco. I testimoni hanno risposto alle domande formulate dal pm Pamela Cellura e dal difensore dell’imputato, l’avvocato Davide Limoncello. Uno dei carabinieri che si occupò delle indagini dopo la denuncia di furto sporta dai titolari dell’azienda, ha confermato di aver analizzato il contenuto dei sistemi di videosorveglianza. Una Fiat Punto di colore nero avrebbe fatto da battistrada nel corso dell’azione messa a segno in azienda. “Non è stato possibile – ha detto il militare – individuare chi era a bordo della vettura. Siamo arrivati a Parisi dopo la segnalazione degli imprenditori e l’avvio delle attività di intercettazione”. L’imputato, attualmente detenuto, ha sempre sostenuto di aver fatto da tramite solo nel tentativo di far recupera il mezzo e i materiali rubati.