Gela. Migliaia di chili di plastica e rifiuti speciali sarebbero stati smaltiti, senza autorizzazioni, in una cava del ragusano. A produrli, almeno tre aziende locali con sede nella zona industriale di contrada Brucazzi.
I rifiuti da Gela alla cava del ragusano. Sotto processo, per quei fatti, è finito l’imprenditore Giovanni La Cognata, titolare dell’azienda di trasporto che, materialmente, avrebbe messo a disposizione i propri mezzi per trasferire i rifiuti e sversarli nella cava. Davanti al giudice Manuela Matta, sono stati sentiti diversi militari della guardia di finanza che, cinque anni fa, si occuparono di effettuare le indagini. La cava era di proprietà di un’azienda iblea ma sarebbe stata utilizzata per lo stoccaggio degli scarti di produzione provenienti dagli stabilimenti gelesi.
“La cava non era autorizzata a ricevere rifiuti di quel tipo”. “Nei documenti sequestrati – ha spiegato uno degli investigatori sentiti in aula – venivano indicati i codici che classificano solo i fanghi industriali. In realtà, da Gela partivano interi camion di rifiuti speciali e plastiche, in gran parte scarti della produzione di aziende impegnate nel settore del riciclo dei rifiuti”. I camion che arrivavano nella cava ragusana venivano seguiti dagli investigatori impegnati nell’indagine con l’obiettivo di ricostruire l’intero percorso. I testimoni hanno risposto alle domande formulate dal pubblico ministero Giampiero Cortese e dal difensore dell’imputato, l’avvocato Rosario Schembari. In base alle accuse, la cava non era autorizzata a ricevere rifiuti di quel tipo. “Accertammo – ha spiegato un altro testimone sentito durante l’udienza – che i rifiuti stoccati nella cava venivano poi ricoperti con la terra”. Nuovi testimoni verranno sentiti alla prossima udienza fissata per il 26 maggio.