Mieli come Gramsci, poca fermezza sulla questione meridionale

 
1

Gela. Lo scrittore Paolo Mieli, autore de “In guerra con il passato”, edizione Rizzoli, si comporta esattamente come Antonio Gramsci.
Nei testi non ufficiali condanna il risorgimento Italiano mentre nei testi ufficiali asserisce che il Piemonte era l’unica regione Italiana abilitata ad unificare l’Italia. Nelle dichiarazione televisive, Mieli ha asserito che “il nord ha un grosso debito nei confronti del sud”; tutti e due nei documenti ufficiali, sono antimeridionalisti. L’autore, del testo citato, è un grande conoscitore della storia mondiale, si pone interrogativi del tipo: Verre era davvero quel politico corrotto che ci presenta Cicerone? Lincoln fece realmente la guerra per abolire la schiavitù? I martiri di Otranto morirono davvero per la fede? La seconda guerra mondiale è davvero finita nel 1945? La collusione tra mafia e Stato, in Italia, è davvero una novità della prima repubblica? I diversi interrogativi, sono trattati in maniera così superficiale, in particolare l’ultimo, che il lettore alla fine si pone più interrogativi dello stesso autore. Sulla mafia, cita una nota del parlamentare Angelo Brofferio del dicembre del 1861, pochi mesi dopo la morte di Cavour, parlando alla Camera dei deputati del governo Sardo a Torino;
Dice: “Il governo non si accorge che la sua polizia è composta d’uomini che non hanno rossore di trattare coi ladri, cogli assassini, coi malfattori d’ogni specie?”. Questo discorso, si riferisce ad un processo contro tre agenti sotto copertura che avevano intrallazzato, con una banda di criminali nata a Torino negli anni ’50. E’ stato il primo grande scandalo giudiziario dell’Italia unita e dove si dichiarò nell’infame dibattimento che “gli assassini comprano l’impunità dividendo con la polizia l’infame bottino”.
Allora, come riferisce Francesco Benigno nel suo testo “la mala setta”, destra e sinistra politica intrattenevano rapporti con la malavita organizzata fin dalla fondazione del nostro stato Unitario. Anzi destra e sinistra incoraggiavano mafia, camorra e altre associazioni banditesche a lavorare con loro. Oggi grandi cultori della sociologia moderna, sono ancora alla ricerca delle origine della malavita organizzata e dopo approfonditi studi da imbecilli, concludono che nasce nel meridione cioè nei popoli che hanno origine dalla civiltà Greco-Romana, come se dicessero che Aristotele, Platone, Cicerone e Virgilio fossero stati dei capi mafia. All’autore Paolo Mieli è interessante fare notare che la campagna di disinfestazione dai camorristi promossa e legittimata da Giuseppe Garibaldi, che utilizzava metodi illegali, si esprimeva a proposito dei metodi come se: “fossero non troppo diversi da quelli adoperati dalla famigerata polizia Borbonica”. L’obiettivo di Mieli è quello di dimostrare che i liberatori Piemontesi si stavano comportando quasi come si erano comportati i Borboni e, infatti, quando con la nuova politica, Giuseppe Garibaldi e la sinistra vennero implicitamente accusati dai seguaci di Cavour di proteggere quella setta di birboni che si trovava nelle prigioni, nelle case di prostituzione e di gioco, i Garibaldine respinsero l’accusa e la ribaltarono contro il braccio destro di Cavour Spaventa. Tra Spaventa e Liborio Romano meridionale, abbiamo difficoltà a stabilire il primato di ladro più sanguinario, alla fine erano tutti e due con Garibaldi e Cavour a gestire il nuovo stato appena costituito. Lo Spaventa, dopo i fatti del 18 luglio 1861 fu costretto a dimettersi, quando il mafioso “Bello guagliò” uomo di Spaventa venne ucciso dagli uomini di Romano.
Fu grande la gioia del carnefice Generale Enrico Cialdini nominato dal re Sabaudo: Destra e Sinistra si contesero il governo di quegli anni e quando nel 1876 salì Agostino Depretis, le cose andarono peggio. Secondo la teoria di Luigi Settembrini che sosteneva “coloro che un tempo si mescolarono nelle cospirazioni e nelle sette, non possono far bene i ministri perché coinvolti con la malavita” infatti il ministro, del governo Depretis, Giovanni Nicotera, nel giro di poche settimane fu allontanato e la “Gazzetta Ufficiale” accusò il Nicotera di essere stato la spia che provocò il fallimento della spedizione di Carlo Pisacane del 1857 a Sapri. In quella spedizione, partecipò lo steso ministro. In una disputa tra Nicotera e Francesco Crispi, Depretis scarica Nicotera e chiama il Crispi a fare il ministro, ma fu costretto a dimettersi perché accusato di bigamia. Umberto I offre il governo a Cairoli che portò con sé Zanardelli. Ma gli scandali continuano perché il prefetto di Palermo Malusardi in un suo dossier metteva in evidenza che la Real tenuta della Favorita (residenza dei Borboni in Sicilia) era gestita dal guardiacaccia mafioso Francesco Cinà. Questo serve a dimostrare che tutte le opere importanti del meridione, per volere dei piemontesi vengono completamente abbandonate anzi vengono accusati i meridionali di incuria e inesperienza a gestire opere d’arte. La procedura è sempre la stessa, in una qualsiasi struttura meridionale ai posti di comando vengono nominati uomini nordisti ignoranti e mafiosi, così le strutture falliscono, vedi la seteria di San Leucio, l’acciaieria di Mongiana, le miniere di zolfo, le Università e tutto ciò che aveva portato progresso nel Regno delle Due Sicilie. Si dimostra che i meridionali sono ignoranti e incompetenti perché hanno fatto fallire strutture di cui nessuno oggi conosce l’esistenza ed è facile per loro continuare a dire che nel meridione c’era ed ancora predomina la fame e l’ignoranza. Una nomea che ci trasciniamo dietro da più di 150 anni e il titolo di briganti non riusciamo a scrollarcelo di dosso, grazie anche alla nostra cultura che per un euro in più ha venduto non solo l’anima, la famiglia, le tradizioni storiche, la dignità, la libertà fasulla ma anche il suo corpo. Esempi di tanta vergogna per noi siciliani, per avere accettato ad ignorare passivamente la storia calata dai piemontesi, sono figure apicali come Salvatore Aldisio, Rosario Crocetta, Sergio Mattarella.

Non sono immuni dalle critiche i nostri Presidenti di Regione che si sono succeduti, che per ottenere gli incarichi di prestigio non si ricordano della loro storia, delle loro origini e della loro dignità, assieme ai poeti meridionali a cui è stato concesso il diritto di pubblicare i libri attraverso le case editrici nazionali del sistema corrotto. Perchè non esiste un meridionale non ipocrita che si chiede semplicemente: perché le infrastrutture a qualsiasi livello si costruiscono solo dopo Napoli?, perché le ferrovie sono solo al nord?; perché le banche del sud sono state chiuse e trasferite al Nord? Perché le compagnie di assicurazione sono solo del nord? Perché le autostrade si costruiscono dopo Napoli?: le Università, gli ospedali. gli aeroporti progrediscono solo al nord? Fino a quando non prendiamo coscienza della realtà storico-sociale, la risposta è una sola: Siamo degli emeriti imbecilli!
Per prendere coscienza dobbiamo avere il coraggio di ricordare alcuni misfatti avvenuti nel Regno delle Due Sicilie come: Pontelandolfo, Casalduni, Castellammare del golfo, Palermo sette e mezzo, Bronte, il brigante Ninco Nanco (Nicola Summa di Rio Nero di Potenza), la brigantessa Michela De Cesare , Angelina Romano (fucilata a nove anni) e tanti altri uomini eroi che si opposero al regime Sabaudo definiti briganti. dai Piemontesi (ascoltare il DVD di Eugenio Bennati). Gli stessi che chiamarono partigiani e perciò eroi, gli oppositori al regime Fascista. I partigiani che provocarono, come abbiamo accennato in altri lavori, il disastro delle fosse Ardeatine, il massacro di Cefalonia, le foibe in Jugoslavia, l’uccisione di tanti militari Italiani, che furono lasciati, nello sbandamento totale dopo l’otto settembre 1943, alla fine occuparono le cariche più alte nello Stato italiano. Con la fuga di Badoglio e del re Sabaudo, preoccupati soltanto di portare con loro le valigette piene di soldi, i militari colpevoli di appartenere alle forze armate regolari di Mussolini, rimasero in balia delle forze tedesche che immediatamente occupano alcune parti dell’Italia fascista. Due pesi e due misure della storia scritta come al solito dai vincitori e che noi umili servitori, conosciamo a menadito e insegniamo nelle scuole dell’obbligo di ogni ordine e grado. Certo qualcuno si scandalizza se alcune volte prendiamo come riferimento lo storico Giacinto de’ Sivo che era uno stretto collaboratore del re Borbone, appositamente viene proposto perché per una volta è la storia scritta dai vinti non dai vincitori.

1 commento

  1. Districarsi nel ginepraio delle affermazioni di Luigi Maganuco è a volte davvero impossibile e, temo, inutile. Vedo però che continua a sostenere che “il disastro delle fosse Ardeatine” fu provocato “dai partigiani” ignorando volutamente che il massacro delle Ardeatine – non si parli di rappresaglia, istituto che è codificato dal diritto internazionale e nulla ha a che fare con quanto accadde a Roma nel pomeriggio del 24 marzo 1944 – fu organizzato ed attuato per ordine di Hitler dalle SS con la collaborazione di alcuni funzionari della Repubblica Sociale Italiana. Sarebbe auspicabile anche un po’ di rispetto per i soldati italiani della divisione “Acqui” ammazzati proditoriamente dai tedeschi – e cosa c’entrino i partigiani è un mistero – a Cefalonia per essersi rifiutati di combattere al loro fianco e non sarebbe male sapere che le forze armate italiane nel 1943 costituivano il Regio Esercito – del quale Badoglio e Vittorio Emanuele III si mostrarono indegni – come è dimostrato dalla formula del giuramento cui i militari erano tenuti e non le “forze armate regolari di Mussolini”.
    P.S. Nessuno si scandalizza di fronte ad una citazione da De Sivo, che era simpatico a Benedetto Croce, che gli fece intitolare una strada di Napoli, ed è umanamente simpatico anche a me; ci si scandalizza se si afferma che nel 1859 il Regno di Sardegna cedette la Lombardia all’impero asburgico, capovolgendo la realtà.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here