Gela. Una microspia all’interno di un ufficio della sede dell’Ato rifiuti e altre due nella sala riunioni dell’ente in liquidazione guidato dal commissario Giuseppe Panebianco. Proprio il funzionario e Sergio Occhipinti sono accusati di averle collocate senza alcuna autorizzazione e ne devono rispondere davanti al giudice Tiziana Landoni. “Le trovammo mentre stavamo bonificando gli uffici dell’Ato, rimuovendo altre microspie che avevamo piazzato per un’indagine nei confronti del precedente amministratore e di due funzionari – ha detto uno dei poliziotti che intervenne negli uffici dell’ente che gestisce anche la discarica Timpazzo – inizialmente, pensavamo che fossero state collocate prima dell’insediamento di Panebianco. Poi, venne confermato che erano state inserite dopo il suo avvento”. Il poliziotto ha anche spiegato che proprio il commissario liquidatore presentò denunce su presunte irregolarità gestionali commesse dalla precedente amministrazione e da due funzionari, che invece nel procedimento sono costituiti parti civili (si tratta dell’ex dirigente comunale Roberto Sciascia e della dipendente del municipio Grazia Cosentino oltre al Comune). “Ad una riunione tenutasi nella sala dell’ente e che riguardava le isole ecologiche interrate – ha proseguito l’investigatore – partecipò un poliziotto in incognito che registrò il contenuto di quanto detto dai partecipanti. Il commissario Panebianco sapeva di questa presenza anche perché aveva denunciato anomalie su questa vicenda”.
Alle domande del pm Tiziana Di Pietro e dei legali (gli avvocati Maria Licata e Grazio Ferrara per gli imputati e il legale Sergio Sparti per le parti civili) ha risposto un ex dipendente dell’Ato. “Una volta, vidi un mio collega con delle cuffie che ascoltava le conversazioni della sala riunioni – ha detto – quella stanza era usata soprattutto da Panebianco per incontri ufficiali. Sono stato sentito dagli investigatori su queste vicende e subito dopo ho ricevuto delle contestazioni. Ricordo che un giorno due colleghi entrarono nella mia stanza e fecero una foto alla microspia nascosta dietro la tabella della luce. E’ vero, dopo il suo arrivo Panebianco presentò denunce sulla precedente gestione dell’ente. Se non ricordo male, ricevette una lettera minatoria”. L’ente comunale è parte civile con l’avvocato Ottone Salvati e altri testimoni verranno sentiti alla prossima udienza fissata per marzo.