Siracusa. Venne dato alle fiamme anche un autocompattatore della Roma Costruzioni, che si occupa del servizio rifiuti a Noto, in provincia di Siracusa. La denuncia dell’imprenditore Giuseppe Romano, titolare dell’azienda, fece scattare l’indagine, conclusasi con il blitz “Piazza Pulita”. Ieri, i giudici del collegio penale del tribunale di Siracusa hanno condannato uno dei presunti vertici del clan Trigila. Nove anni di detenzione sono stati imposti ad Angelo Monaco. Due anni e due mesi di reclusione, invece, ad Antonino Rubbino. Secondo i pm della Dda di Catania, che hanno coordinato le indagini, sarebbero stati dietro al tentativo di mettere a posto l’azienda gelese. Romano si rifiutò di assumere operai indicati dal gruppo, legato alla mafia siracusana. Per tutta risposta, venne dato alle fiamme un mezzo della Roma Costruzioni. I giudici siracusani hanno riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni in favore dell’antiracket “Gaetano Giordano”, della Fai, dello stesso Romano e della sua azienda (rappresentati dai legali Valentina Lo Porto e Fabrizio Ferrara). Fu il presidente dell’antiracket Renzo Caponnetti a supportare Romano, quando l’imprenditore decise di denunciare le richieste estorsive. Un anno fa, in abbreviato, arrivarono le condanne per altri coinvolti nell’inchiesta.
Due anni di reclusione ciascuno a Pietro Crescimone e Giuseppe Casto. Caddero le accuse di tentata estorsione e di favoreggiamento dei clan. Vennero però ritenuti coinvolti nell’incendio che distrusse l’autocompattatore. Quelle condanne sono state impugnate davanti ai giudici della Corte d’appello di Catania. “Oggi denunciare deve essere la normalità”, dice il presidente Renzo Caponetti.