Gela. All’inizio del 1861, Camillo Benso Conte di Caour, aveva fretta di portare a termine il progetto dell’unificazione dell’Italia, perché il Piemonte era vicino alla bancarotta e la sifilide era alle strette e lo stava divorando. Diede ordine al massacratori del popolo meridionale, generale Enrico Cialdini, di distruggere Gaeta, cosa che il generale criminale di guerra e uomo devoto ai Savoia, non si fece ripetere e scaricò sulla città di Gaeta 160 mila bombe per distruggerla completamente.
Siamo al 13 di febbraio del 1861 giorno in cui inizia la resistenza del meridione contro la colonizzazione dei piemontesi, immolando un sud ricco e prosperoso alla massoneria inglese, che da Londra dirigeva le operazioni di conquista del territorio dei re Borboni e stabiliva il nuovo ordine mondiale della cose.
Il regno delle due Sicilie, Stato libero e indipendente da qualsiasi dominazione straniera, fu dato in pasto ai barbari ed affamati piemontesi. Questi assassini, per conto di Albert Pike, gran maestro venerabile della massoneria di Londra, cominciarono nel nostro sud con le operazioni di pulizia etnica della storia del meridione.
Già nell’agosto del 1861, i giornali del regime, stampavano con molto compiacimento le grandi vittorie dei piemontesi e l’incontro di Castelfidardo fu esaltato come una grande battaglia, mentre sugli eccidi perpetrati e messi in atto dai piemontesi, calava un silenzio tombale, sui generali criminali di guerra dei Sabaudi, contro cittadini inermi.
Tutto fu permesso ai generali piemontesi per distruggere il regno delle due Sicilie, fu appiccato il fuoco alle case, ai campi, furono massacrati a baionettate giovani, vecchi e bambine, preti e contadini, donne incinte violentate, sgozzati bambini, furono commessi ruberie nelle chiese, che invase e saccheggiate dai tesori di inestimabile valori e venduti nei mercatini rionali.
Quadri rubati, statue trafugate, libri bruciati e scuole chiuse per decenni, divennero pratica quotidiana, la fucilazione di massa tanto che nel decennio fino al 1871, 1 milione di contadini furono abbattuti.
Nessuna statistica fu data dal governo piemontese, perché nessuno doveva sapere.
Alcuni giornali stranieri, pubblicavano delle cifre terrificanti, 968 fucilati, 10.604 feriti, 6.112 prigionieri, 64 sacerdoti uccisi, 22 frati, 60 ragazzi e 50 donne uccise, 13.529 arrestati, 918 case incendiate e paesi dati a fuoco, 3.000 famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate e 1428 comuni sollevati, queste le grandi opere commesse dai piemontesi, solo per venirci a liberare dalla dominazione Borbonica e sono così esigui che si sono vergognati a riportarli nei testi scolastici di tutti i giovani studenti del regno.
Il grande generale amico del re e aiutante di campo di Vittorio Emanuele II, Solaroli cosi definiva i contadini del sud “la più grande canaglia dell’ultimo ceto”.
Certo, per valutare i collaboratori e amici dei sovrani Savoia, dovremmo pensarla tutti come l’anarchico Bresci, ma per considerare i Savoia esseri umani, ci vuole tanta spregiudicatezza, che noi non abbiamo, ma noi possediamo cultura e civiltà diversa.
Certo l’altro generale Pinelli, superò tutti nell’applicare la pena di morte sui meridionali, stabilendo che potevano essere fucilati tutti quelli che avessero “con parole o con denaro o con altri mezzi eccitato i villici a insorgere” e “coloro che con parole o atti insultassero lo stemma dei Savoia, il ritratto del re o la bandiera nazionale”, cioè, bastava solo aprire bocca.
Non possiamo dimenticarci di un altro criminale di guerra, amico dei Savoia, come il generale Dalla Rocca che impartì l’ordine che “non si perdesse tempo a fare prigionieri, dato che i governatori avevano fatto imprigionare troppi contadini”.
In una settimana erano stati fucilati a Teramo 526 contadini e 526 a Scurcola, a Isernia, a Rionero Sannitico e in tanti altri paesi del sud.
Il criminale di guerra Dalla Rocca, in un suo memoriale, si vantava che “erano tanti i ribelli, che numerosi furono le fucilazioni, da Torino mi scrissero di moderare queste esecuzioni riducendole ai soli capi briganti, Ma i miei comandanti di distaccamento che avevano riconosciuto la necessità dei primi provvedimenti, in certe regioni dove non era possibile governare se non incutendo terrore, vedendosi arrivare l’ordine di fucilare solo i capi telegrafavano con questa formula: arrestati, armi in mano, nel luogo tale, tre o quattro, cinque capi briganti e io rispondevo: fucilate”.
Altro grande colonnello Pietro Fumel, si vantava di avere fatto fucilare trecento briganti e non, e sottoposte a torture e sevizie i prigionieri.
Che bella squadra di assassini avevano assoldato i Savoia per liberare il sud dai barbari Borboni?
La scena si ripete con la seconda guerra mondiale, quando gli Inglesi e i francesi, per liberarci dai nazi fascisti, utilizzarono i marocchini e molte altre forze coloniale.
Che grandi uomini sono stati i nostri liberatori? Certo se continuano a godere della nostra stima e fiducia incommensurabile e della dura colonizzazione inflittaci per oltre 150 anni, due sono i motivi, o siamo degli emeriti imbecilli o sono stati troppo furbi loro a insegnarci il credo dei vincitori. “Taci obbedir tacendo e tacendo morir”.
Per cento sessant’anni abbiamo goduto di questo privilegio concessoci bonariamente dai nostri colonizzatori piemontesi, e noi animali da soma non osiamo neanche metterle in discussione.
Per un semplice motivo, la cultura Italiana, imbevuta delle falsità storiche messe in atto dalla destra storica fino al 1870 e successivamente dalla sinistra storica, non mette in discussione l’operato di tutta la cultura Italiana, impegnata a sostenere i Savoia anche negli scranni del parlamento come pennivendoli prezzolati, vedi Manzoni, De Sanctis, Carducci, Pascoli, verga, Pirandello e tutti quelli che hanno tratto vantaggio del loro silenzio diretto o indiretto.
La letteratura italiana, si è preoccupata di trasferire ai posteri solo gli ipocriti molto vicino agli uomini di potere, per fare carriera e per cancellare la storia non dignitosa dei piemontesi, impregnata di assassinii di massa, di stupri, di saccheggi di chiese e di fucilazioni senza processi. Loro stessi, esecutori di questi massacri, si vergognano delle atrocità commesse e preferiscono tacere sull’argomento scottante, messo in atto per arricchirsi.
Ogni uomo con un briciolo di dignità, particolarmente se è meridionale dovrebbe chiedersi e farsi una sola domanda: perché fino al 1860 il popolo duo Siciliano viveva discretamente bene e poteva vantare le sue eccellenze a livello Europeo, mentre il nord viveva in una stagnazione profonda? Dopo il 1860, tutto cambia, il nord cresce in maniera esponenziale, mentre il sud si ferma inesorabilmente e il divario nord sud cresce in maniera sproporzionata.
E’ una condanna divina, messa in opera dal grande Manzoni, o il volere dei popoli del nord, fiduciosi nella divina provvidenza Manzoniana, che ci hanno colonizzato?