Mattarella, il Presidente che ha dimenticato di essere siciliano
Gela. Come volevasi dimostrare. Queste le parole che escono spontanee dopo la situazione economica del Presidente della Repubblica Italiana, che apertamente prende posizione politica a favore della gl...

Gela. Come volevasi dimostrare. Queste le parole che escono spontanee dopo la situazione economica del Presidente della Repubblica Italiana, che apertamente prende posizione politica a favore della globalizzazione Europea, dove la rampante borghesia capitalistica chiede spiegazioni e manda in frantumi la costituzione di un governo maggioritario voluto dal popolo. Secondo il mio modesto parere, ha tradito la volontà popolare degli Italiani per proteggere apertamente la massoneria Europea dominante internazionale e cercare in tutti i modi di rivalutare la sinistra sconfitta in queste ultime elezioni nazionali.
Un Presidente meridionale che per raggiungere quel posto di responsabilità ha dovuto rinnegare le sue origini, la sua terra natia e ha dovuto fare un giuramento di genuflessione nei confronti dei tosco padani che hanno colonizzato il suo natio borgo selvaggio. Ha dimostrato questa sua perdita di dignità il giorno della sua proclamazione a Presidente andando a deporre la corona di alloro ai morti fucilati dai partigiani che uccisero i tedeschi in via Rasella a Roma e buttati nelle fosse ardeatine. Non ha mai ricordato un eccidio delle forze Sabaude nei confronti del popolo duo Siciliano dimenticando di essere nato nel meridione e, in particolare, in una zona della magna Grecia ricca di civiltà e di dignità politica amministrativa al di sopra di qualsiasi carica istituzionale in un’Italia senza dignità che vive nell’ipocrisia assoluta.
I poteri forti stanno finalmente emergendo nelle forze politiche tradizionali quali oggi Pd e Fi, che in questa fase stanno assumendo posizione a favore di Mattarella sempre per il bene della nazione e dei cittadini Italiani.
Abbiamo sempre sperato che qualcuno lo facesse onestamente per soddisfare interessi personali e non sprecasse del tempo per non arricchirsi. Forse avremmo risparmiato milioni di vite umane massacrate inutilmente, per fare un semplice esempio la morte e l’invasione del meridione da parte delle forze armate piemontesi o il massacro dei militari Italiani della seconda guerra mondiale ad opera delle forze partigiane in comunicazione diretta con americani, inglesi e marocchini, sempre italiani per liberarci, sono i fatti di Cefalonia che vogliamo ricordare.
Certo il presentatore della Rai, Franco Di Mare, che conduce la trasmissione televisiva “Uno Mattina”, si scandalizza perché un ascoltatore l’ha definito di parte, come se la posizione non fosse vera in quanto la Rai non è notoriamente di sinistra e il suo comportamento, non fosse sfacciatamente di sinistra.
Perché lui meridionale non vivesse di sola ipocrisia e non accennasse mai ad una presa di posizione oggettiva dei fatti storici nazionali. Lui non sa che i nordisti ci hanno definiti solo ed esclusivamente briganti e miseri, sotto il regno dei Borboni. Lui e il suo caro amico Marco Frittella, non conoscono la vera storia del meridione, mentre un filosofo torinese, Diego Fusaro, ne parla apertamente assieme ad altri studiosi nordisti come Paolo Mieli, che asserisce che il nord ha sicuramente qualcosa da farsi perdonare dal sud per i fatti del 1860.
Le trasmissioni della Rai non dovrebbero essere ascoltate, in particolare, dai meridionali per due motivi:
1) perché sfacciatamente di parte;
2) perché la Rai pur essendo una trasmissione votata a favore dei poteri forti, la sinistra di Renzi ci ha imposto di pagare il canone televisivo attraverso le bollette della luce, per mantenere apertamente le informazioni pilotate spudoratamente.
Queste sono imposte da uno Stato che mantiene una impresa privata con i soldi dei cittadini, spacciandola per informazione statale.
Le tasse ormai hanno raggiunto livelli giganteschi e questo Stato di inetti non fa altro che mettere nuove tasse a carico del popolo Italiano, per mantenere un sottogoverno finanziato dalle imprese a partecipazione statale dove gli stipendi raggiungono cifre iperboliche e alle trasmissioni vengono forniti mezzi eccezionali. Perché queste strutture non possono reggersi nel mercato con le regole della concorrenza?
Perché i presidenti e i consigli di amministrazione riservati ai politici di turno, non vivono in un mercato libero e concorrenziale?
La giustificazione è solo una, vivono per il bene della nazione e sprecano un mare di soldi sempre per il bene della nazione. Se queste imposte venissero spese veramente per i cittadini, si potrebbero risolvere alcuni problemi che assillano la nostra popolazione e potremmo avere una informazione concorrenziale più libera e democratica. Oggi, in occasione di questo momento particolare della formazione del nuovo governo, tutto ciò appare agli occhi degli ascoltatori oggettivi, molto eclatante. La persona onesta intellettualmente si chiede: che motivo abbiamo di lamentarci se “La 7” è indirizzata verso un orientamento politico o Mediaset verso un altro indirizzo politico, tanto non li paghiamo noi e possono vivere secondo l’andamento del mercato, mentre i canali Rai pur essendo apertamente indirizzate verso un orientamento politico preciso, non solo siamo obbligati a mantenerli pagando una tassa, ma per capire qualcosa di oggettivo dobbiamo consultare gli altri canali televisivi.
La stessa cosa si verifica attraverso la stampa libera, dove ogni testata è pagata dallo Stato e si muove in funzione dell’indirizzo politico dei partiti al governo. Lasciamo libera la stampa e i finanziamenti dirottiamoli verso attività produttive che portano all’accelerazione del processo del moltiplicatore economico e allo sviluppo della economia della nazione. Non vogliamo addentrarci in questi meandri dove il denaro pubblico viene sprecato senza controllo e il debito pubblico cresce inesorabilmente, magra illusione questa perché lo spreco deve servire a finanziare la mafia e la malavita organizzata per trovare giustificazione a tutti questi impiegati del sottogoverno che vivono da nababbi. Una riduzione degli stipendi, con un tetto massimo, particolarmente quelli diretti dello Stato, porterebbe un risparmio non indifferente e la scelta della politica diventerebbe sempre più limitata. Non dico di ritornare a quando si faceva politica senza remunerazione ma solo per il prestigio, oggi ognuno fa politica per mestiere e per arricchirsi e confondersi con la schiera dei ladri e accaparratori senza scrupoli.