Gela. Dopo il ricorso dei familiari di un ex dipendente del reparto Clorosoda, ribattezzato l’impianto killer del petrolchimico di Gela, deceduto per tumore 5 anni fa come tanti suoi colleghi, anche l’associazione «Cittadini per la Giustizia» in rappresentanza delle famiglie dei bambini nati malformati ha deciso di rivolgersi alla magistratura civile per ottenere la condanna dell’Eni e il risarcimento dei danni subiti.
Sotto accusa vengono posti 60 anni di attività dell’industria chimica che avrebbe inquinato l’aria, il suolo, il sottosuolo e il mare di Gela.
In una nota l’associazione «Cittadini per la Giustizia» scrive che a causare le malformazioni sarebbero stati i «distruttori endocrini, sostanze artificiali prodotte da inquinanti come quelli emessi dalle raffinerie, in grado di intaccare i recettori ormonali, causando tumori, difetti alla nascita, disturbi dello sviluppo». L’obiettivo è quello di appurare il nesso di causalità delle patologie tumorali e delle malformazioni neonatali con l’inquinamento industriale causato dall’Eni. Nesso accertato dai periti della procura della Repubblica che nel processo civile ha messo a disposizione del tribunale gli atti delle sue indagini decennali, non ancora concluse.
«I dati epidemiologici, largamente e da tempo noti – scrive ‘Cittadini per la Giustizià – sono impressionanti, ma senza un’imposizione pubblica, sia delle amministrazioni statali che di quelle locali, è ormai accertato che l’azienda non si muove mai, preferendo esercitare l’usuale ricatto occupazionale, particolarmente efficace in questo periodo». E concludono chiedendo «giustizia per i morti di tumore e per i bambini malformati, ma anche per Gela che subisce violenza al suo territorio e alla sua gente da troppo tempo».