Gela. Contraddizioni nelle dichiarazioni rese in aula da una delle testimoni chiave. La difesa dei fratelli niscemesi Giuseppe e Salvatore Cilio continua a far emergere possibili incongruenze in quanto sostenuto dalla donna, all’epoca dei fatti vicina alla cerchia di amicizie sia degli imputati che di Orazio Sotti, ucciso nel dicembre di diciotto anni fa davanti al garage della propria abitazione a Fondo Iozza. La testimone, in videoconferenza internazionale dalla Germania, ha risposto alle domande del difensore, l’avvocato Salvo Macrì, che insieme al legale Luigi Cinquerrui assiste i fratelli accusati dell’omicidio dell’allora ventiduenne. La difesa è convinta della contraddittorietà di quanto riferito agli investigatori dalla testimone, soprattutto a raffronto dei racconti resi invece in aula. Non ci sarebbero corrispondenze neanche nella ricostruzione di quanto sarebbe accaduto durante un incontro che i fratelli Cilio avrebbero avuto a Niscemi con Sotti e un suo amico. In quell’occasione, il giovane, poi ucciso, sarebbe stato pesantemente minacciato, anche di morte, con tanto di arma mostratagli. Anche in questo caso, però, mancherebbero corrispondenze sull’effettiva identità degli autori di quelle minacce. La difesa è ritornata anche sulle pressioni che la donna e la fidanzata di uno dei fratelli niscemesi avrebbero subito, per non prendere parte ai funerali del giovane ucciso.
Parla la testimone. Per l’accusa, sostenuta in aula dal pm Eugenia Belmonte, Sotti fu ucciso dopo che i fratelli Cilio vennero a conoscenza delle sue relazioni sentimentali, intrattenute anche con le loro fidanzate dell’epoca. Uno “sgarro” che Sotti avrebbe pagato con la vita. Uno degli imputati, Giuseppe Cilio, dovrebbe essere sentito già alla prossima udienza. I giudici della Corte d’assise di Caltanissetta stanno cercando di stringere i tempi, nel tentativo di arrivare alla decisione di primo grado entro la fine del mese di marzo. Nel dibattimento, parti civili sono i familiari del giovane ucciso, che per anni hanno chiesto di riaprire il caso, quando sembrava impossibile individuare i presunti killer. Sono assistiti dagli avvocati Giuseppe Cascino e Francesco Minardi.