L'incredibile corso d'acqua di Caltanissetta che incide i canyon d’argilla

Il Fiume Salito nasce a Santa Caterina Villarmosa: il volto nascosto di Caltanissetta!

A cura di Redazione
07 settembre 2025 11:00
L'incredibile corso d'acqua di Caltanissetta che incide i canyon d’argilla - Immagine di fantasia: awesomecontent/freepik
Immagine di fantasia: awesomecontent/freepik
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Il fiume Salito è uno dei rari corsi d’acqua interamente nisseni: sgorga a 650 m sul Monte Zagara presso Santa Caterina Villarmosa e scorre per 42 km fra calanchi d’argilla, colline di grano e antiche trazzere, fino a fondersi con il Gallo d’Oro al confine fra Sutera, Mussomeli e Bompensiere. Il suo bacino – 633 km² – lo rende una linfa idrica fondamentale del territorio e un sub-sistema del grande fiume Platani.

Lungo la dorsale dell’argilla: identità agraria e micro-dighe

Dalle sorgenti, il Salito scende attraverso valli argillose che i contadini modellano da secoli: briglie in pietra, piccole dighe e canali deviatori mostrano come l’uomo abbia sfruttato la lentezza del fiume per irrigare mandorleti, vigneti e grano duro. Tra Sutera e Mussomeli il letto serpeggiante crea terrazzi fertili e incide canyon bassi ma ripidissimi, veri corridoi ecologici per garzette, upupe e poiane. Il toponimo “Salito”, secondo la letteratura idrografica, non allude a un improbabile corso “all’insù”, bensì al latino salitus (“salato”): le evaporiti gessose disciolte nelle sue acque imprimono un leggero retrogusto minerale già noto ai braccianti del XIX secolo.

Dall’acqua alle viscere: la Riserva Monte Conca

Poco prima di confluire nel Gallo d’Oro, il Salito sfiora la Riserva naturale integrale Monte Conca: un altipiano gessoso attraversato da inghiottitoi e da un reticolo di grotte carsiche. Qui un torrentello affluente del Gallo scende nelle viscere del monte e riemerge, dopo 800 m di buio, con acque filtrate da cristalli di selenite. L’area, protetta dal 1995, ospita croste gessose uniche in Sicilia e colonie di pipistrelli troglofili che si nutrono degli insetti attratti dall’umidità del Salito. Speleologi e biologi considerano queste grotte un “laboratorio vivente” per studiare adattamenti a buio, umidità e salinità.

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