Gela. Avrebbero imposto una sorta di controllo unilaterale nel settore della raccolta della plastica tra le contrade rurali della città. Dopo le condanne di primo grado, pronunciate dal collegio penale del tribunale di Gela, gli imputati nel procedimento “Redivivi” verranno valutati dalla Corte d’appello di Caltanissetta. Il giudizio di secondo grado si aprirà a fine febbraio. I magistrati del collegio gelese, lo scorso luglio, hanno imposto condanne per oltre sessant’anni di reclusione. Dopo il deposito delle motivazioni, i legali di difesa (gli avvocati Flavio Sinatra, Nicoletta Cauchi e Carmelo Tuccio) hanno provveduto a proporre i relativi ricorsi. Contestano i pesanti verdetti emessi nei confronti degli imputati. Non un clan, ma un gruppo ben organizzato che ha agito con metodo mafioso, questo quanto deciso in primo grado. Dodici anni di reclusione sono stati imposti a Vincenzo Trubia, nove anni al ventottenne Rosario Trubia, otto anni e otto mesi complessivi a Davide Trubia (che rispondeva anche di estorsioni risalenti nel tempo), otto anni e cinque mesi per Nunzio Trubia, sette anni e un mese a Ruggiero Biundo, sette anni ciascuno a Luca Trubia e Simone Trubia, sei anni e dieci mesi a Rosario Caruso e un anno e quattro mesi per il ventinovenne Rosario Trubia. Il collegio, invece, ha assolto tutti gli imputati dall’accusa di aver imposto la consegna della plastica dismessa agli imprenditori agricoli della fascia trasformata, quella tra Bulala e Mignechi al confine con la provincia di Ragusa.
E’ stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni in favore di tutte le parti civili. In giudizio, c’erano l’antiracket “Gaetano Giordano” e la Fai (con l’avvocato Giuseppe Panebianco), gli operatori estromessi dall’arrivo dei Trubia (con l’avvocato Giovanni Bruscia), il Comune (con il legale Anna Gambino) e l’associazione Codici Sicilia. E’ ancora davanti al gup del tribunale di Caltanissetta, invece, l’altro troncone del procedimento “Redivivi” che riguarda imputati giudicati con il rito abbreviato.