Gela. L’incendio che devastò l’allora Hi-Tech Cafè di via Licata fu doloso e commissionato dall’ex gestore della struttura, per poi incassare il premio assicurativo. E’ quanto deciso dal giudice Miriam D’Amore, che a conclusione dell’istruttoria dibattimentale, ha condannato a quattro anni di reclusione ciascuno il quarantaduenne Rocco Ascia e il ventisettenne Alessandro Di Fede. In base alle accuse, il rogo venne appiccato da Di Fede, su indicazione di Ascia, che lo pagò per entrare in azione. Il pubblico ministero Pamela Cellura ha ritenuto fondati gli elementi d’accusa raccolti nei confronti dei due imputati e ha chiesto la condanna a quattro anni e otto mesi per Ascia e a quattro anni per Di Fede. Richieste che il giudice D’Amore ha accolto in pieno. Nel dispositivo letto in aula, è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni in favore dei proprietari dell’immobile danneggiato, rappresentati dall’avvocato Olaf Orlando.
L’entità del risarcimento verrà definito in sede civile. I difensori dei due imputati, gli avvocati Salvo Macrì e Vincenzo Vitello, però, hanno del tutto contestato la ricostruzione d’accusa. “Solo sospetti e neanche una prova del collegamento tra l’incendio e i due imputati”, questa la linea sostenuta in aula dai legali. Entrambi hanno escluso l’esistenza di qualsiasi patto tra Ascia e Di Fede. Non ci sarebbero prove concrete neanche delle presunte difficoltà economiche che avrebbero poi spinto Ascia a commissionare l’incendio, con l’intento di ottenere il premio assicurativo. Le difese, inoltre, hanno sostenuto che l’intero apparato accusatorio si sarebbe retto solo su quanto indicato da una fonte confidenziale, che avrebbe indirizzato le indagini dei pm della procura e dei carabinieri. Il giudice D’Amore, però, ha emesso un verdetto di condanna, che probabilmente verrà impugnato proprio dalle difese.