Gela. Ha respinto tutte le pesanti accuse che gli vengono mosse. Nicola Liardo, questa mattina in Corte d’assise a Caltanissetta, ha categoricamente escluso di aver ordinato l’omicidio del tassista Domenico Sequino, ucciso in pieno centro, a pochi passi dalla chiesa Madre. Liardo risponde in giudizio insieme al figlio Giuseppe Liardo e a Salvatore Raniolo (considerato il killer). I tre sono detenuti. Un altro presunto complice, ad oggi, non è stato ancora individuato ma avrebbe fatto da spalla a Raniolo durante l’agguato. Sequino venne ucciso con diversi colpi di pistola. Ancora una volta, Liardo ha spiegato che non ci fu mai nessun commento su quella vicenda, se non dopo che si verificò l’azione di morte. Ne venne a conoscenza dalle notizie, anche di stampa, che in quel periodo iniziarono a diffondersi. Secondo Liardo, il senso di alcuni colloqui avuti in carcere con i familiari sarebbe stato travisato dagli inquirenti. In base a quanto ha riferito, non avrebbe avuto alcun interesse ad uccidere il tassista. L’eventuale movente economico l’ha negato, visto che somme per circa sessantamila euro erano state affidate non a Sequino ma all’imprenditore Angelo Bernascone, poi diventato collaboratore di giustizia. La perizia sulle intercettazioni, richiesta dalla Corte, è stata depositata.
Nel corso dell’udienza, sono stati sentiti altri periti chiamati in aula sempre rispetto al punto delle intercettazioni. Secondo i pm della Dda di Caltanissetta, le captazioni effettuate in carcere incastrerebbero gli imputati, che invece hanno respinto ogni accusa. Liardo ha anche risposto alle domande dei legali di difesa, gli avvocati Giacomo Ventura, Davide Limoncello, Flavio Sinatra, Antonio Gagliano e Gioacchino Genchi. La famiglia della vittima segue il procedimento come parte civile, assistita dall’avvocato Salvo Macrì. Sempre sulla questione del contenuto delle intercettazioni si tornerà anche nel corso della prossima udienza fissata a gennaio.