L’ex operaio Smim malato per i fumi di saldatura, il proprietario dell’azienda si difende

 
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Gela. Non è stata accolta la richiesta di una nuova perizia medica, avanzata dai legali di difesa della proprietà della società Smim e di ex tecnici. Sono a processo per quanto accaduto ad un ex dipendente, l’operaio Salvatore Di Fede, affetto da una grave patologia respiratoria, stando agli accertamenti causata dalla continua inalazione di polveri di saldatura. La richiesta è stata respinta dal giudice Marica Marino. In aula, a rispondere alle domande dei legali e del pm Sonia Tramontana, il proprietario dell’azienda metalmeccanica Giancarlo Barbieri. In base a quanto sostenuto dall’imprenditore, sia nel cantiere del gruppo sia in raffineria Eni (dove Smim ha svolto attività per decenni) sarebbero sempre stati rispettati i protocolli di sicurezza, proprio per evitare conseguenze agli operai. Una ricostruzione che diverge con quanto sostenuto dall’accusa, ferma nel ritenere che quanto accaduto all’ex lavoratore sia diretta conseguenza della mancanza di precauzioni e della violazione delle norme in materia.

La malattia professionale di Di Fede è stata riconosciuta dall’Inail e il lavoratore si è costituito parte civile nel giudizio (rappresentato dall’avvocato Giacomo Di Fede), chiedendo un risarcimento. Le accuse vengono mosse contro lo stesso Barbieri, Luigi Pellegrino, Giovanni Giorgianni e Giovanni Corbino. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Vincenzo Cilia e Saverio La Grua.

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