Gela. L’incendiò colpì l’intero locale, danneggiando l’immobile di via Licata che lo ospitava, oltre al resto della struttura. In aula, davanti al giudice Marica Marino, è ritornata la vicenda dell’ex “Hi-tech Cafè”. Le accuse, questa volta, vengono mosse nei confronti dei coniugi che gestivano l’attività commerciale. Per gli inquirenti, l’incendio sarebbe stato appositamente appiccato, di modo da incassare la polizza assicurativa, intanto attivata. Un filone d’indagine che partì dopo la segnalazione dei funzionari della compagnia assicurativa, che individuarono anomalie nella dinamica dei fatti. Gli imputati devono rispondere proprio di aver danneggiato un immobile assicurato. Il maxi rogo era già stato al centro di un altro procedimento penale, che coinvolse pure il presunto incendiario, entrato in azione su commissione. Un aspetto che i legali di difesa, gli avvocati Giovanna Cassarà e Francesco Salsetta, hanno sollevato già prima dell’apertura del dibattimento. In aula, è stato sentito uno dei carabinieri, intervenuto tra i primi la notte del rogo.
Il militare, rispondendo anche alle domande del pm Sonia Tramontana, ha ricostruito quei momenti e spiegato cosa si trovò davanti al momento del suo arrivo nei pressi dell’attività commerciale di via Licata. Le difese hanno chiesto di avere precisi riscontri sugli orari d’intervento, ma anche sullo stato dell’immobile. Ritengono che non sia stato distrutto, ma solo danneggiato e che l’incendio non abbia intaccato gli altri piani dello stabile, come indicato dalle perizie. Pare che l’ingresso fosse stato forzato, per poi appiccare le fiamme da un innesco.