Brescia. E’ iniziata questa mattina l’udienza preliminare, davanti al gup del tribunale di Brescia, che tocca in totale sessantacinque imputati, tutti coinvolti nell’inchiesta antimafia “Leonessa”. E’ il terzo filone processuale, scaturito da un’indagine che secondo gli investigatori lombardi ha consentito di ricostruire l’affare delle compensazioni fiscali illecite, controllato dalla stidda. Quelli che vengono ritenuti ai vertici del gruppo sono già a processo, a cominciare dal consulente Rosario Marchese, che sarebbe stato la vera mente del giro milionario di truffe all’erario. Oggi, così come anche domani, davanti al gup si presenteranno professionisti, imprenditori e presunti faccendieri, che avrebbero ruotato intorno al sistema delle compensazioni, sostenendo le scelte di quella che è ritenuta una vera organizzazione, attiva nel nord Italia, ma riferibile alla stidda gelese. Proprio sull’esistenza dell’organizzazione e sul presunto coinvolgimento degli stiddari si concentrano le posizioni delle difese, ferme nell’escludere qualsiasi ruolo della criminalità organizzata. In una delle costole processuali, partite dall’indagine, il gup del tribunale di Brescia ha escluso che gli imputati abbiano fatto parte di un clan, pur riconoscendo i reati tributari e le contestazioni di estorsione.
L’antimafia bresciana, invece, è certa che i clan gelesi avessero messo radici in Lombardia, sfruttando i soldi delle compensazioni e delle consulenze, assicurate ad aziende e privati. Molti dei coinvolti in quest’ultimo filone non rispondono di associazione mafiosa, che viene invece addebitata ai presunti capi e ai loro riferimenti più fidati, attualmente a giudizio.