L’enigma gelese che disorienta gli archeologi da 2500 anni
Maktorion, colonia “sparita” nell’entroterra di Gela: Erodoto la cita, gli scavi a Monte Bubbonia la inseguono. E il mistero continua.
Nelle Storie di Erodoto compare un nome capace di far tremare le mappe della Sicilia greca: Maktorion, “città al di sopra di Gela”. Pochissime righe, ma sufficienti a far immaginare una polis nata all’alba del VI secolo a.C. e poi svanita, lasciando dietro di sé un vuoto tanto affascinante quanto irritante per gli studiosi. Secondo lo storico di Alicarnasso, un gruppo di cittadini geloi vi si era rifugiato in esilio finché Teline, antenato del futuro tiranno Gelone, li convinse a rientrare in patria: un episodio politico che avrebbe legittimato la futura supremazia della famiglia. Da allora il toponimo riaffiora soltanto in Stefano di Bisanzio e in poche fonti cartografiche, ma senza mai trasformarsi in realtà archeologica definitiva.
Un nome sulle pagine di Erodoto
Erodoto descrive Maktorion come un centro più avanti verso l’interno rispetto a Gela, un dettaglio topografico che ha guidato per secoli le ricerche. Proprio su tale indicazione, il geografo seicentesco Filippo Cluverio propose l’identificazione con Butera, rocca a 13 km dalla costa e naturale vedetta sulla piana. Tuttavia, nel XX secolo la bilancia è passata a pendere verso Monte Bubbonia (595 m s.l.m., territorio di Mazzarino): qui gli scavi di Paolo Orsi e Piero Orlandini hanno messo in luce un abitato greco-sicano con mura, necropoli e un enigmatico dolmen di 2,20 m che nulla deve all’architettura ellenica. Il prestigioso Barrington Atlas segue questa ipotesi, mentre l’archeologo Arthur Evans puntava su Niscemi; tre opzioni per un’unica domanda: dove sorse davvero la colonia?
Monte Bubbonia, Butera o Niscemi? La caccia al sito perduto
I reperti ceramici e le strutture murarie datate VI-V secolo a.C. di Monte Bubbonia sembrano confermare una frequentazione compatibile con il racconto erodoteo. Eppure, l’assenza di iscrizioni rende il collegamento solo probabile. Butera, dal canto suo, possiede tracce di occupazione greca coeva e un’ubicazione perfettamente coerente con il “sopra Gela”. Infine Niscemi resta la soluzione di minoranza, sostenuta da Evans sulla base di indizi toponomastici. La mancanza di un atto fondativo, di un’ecista noto e di resti urbanistici certi mantiene Maktorion in bilico fra mito storiografico e realtà di campo: una polìs fantasma che obbliga gli archeologi a un confronto continuo fra testi antichi e stratigrafie, con il rischio – e il fascino – di non arrivare mai a un verdetto definitivo.
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