L’emergenza dentro l’emergenza, postazione fatiscente per gli operatori del 118

Due stanze anguste, tra blatte e topi, a cui si arriva lungo una discesa ripida, con le finestre che si affacciano su calcinacci e detriti.

09 luglio 2025 13:18
L’emergenza dentro l’emergenza, postazione fatiscente per gli operatori del 118  -
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Gela. Sembra l’ingresso di un cantiere abbandonato, non una postazione d’emergenza. Eppure è da qui, da due stanzette scavate in basso, con muri screpolati e finestre che affacciano su cumuli di detriti, che partono le ambulanze del 118 di Gela. È la postazione “Charlie”, quella ospitata “provvisoriamente” nei locali dell’ex pronto soccorso Covid del “Vittorio Emanuele”. Un provvisorio che dura ormai da mesi. E che si sta trasformando in un incubo quotidiano.

Non è solo il caldo torrido – qui non c’è aria condizionata – a mettere in ginocchio gli operatori sanitari. È la puzza di fogna, la rottura dei tubi, gli scarichi che gorgogliano di notte scaricando liquami. È la guerra continua contro topi, zanzare e blatte che vengono fuori dai tombini e si intrufolano dalle finestre. 

Il tutto mentre si cerca di garantire soccorsi tempestivi e salvare vite umane. Dentro quelle stanze, si lotta ogni giorno anche contro la dignità negata: «Siamo stanchi – racconta anonimamente un operatore - Non siamo qui per polemizzare, sappiamo che Comune e Asp stanno cercando una soluzione. Ma intanto, noi lavoriamo così. Con il sudore addosso e la puzza di fogna nelle narici».

Gli appelli sono stati tanti. Il 118 ha lanciato l’allarme, gli operatori hanno segnalato più volte l’emergenza igienica. L’Asp ha ascoltato, il Comune ha risposto. Una sede alternativa c’è già: è nuova, moderna, perfettamente a norma. Si trova a Fondo Iozza, in un immobile confiscato alla mafia. Una di quelle vittorie simboliche che però, per ora, resta vuota.

C’è tutto: spazio, logistica, silenzio lontano dal traffico. Ma mancano tre semplici cose: luce, gas, acqua. E la firma su qualche foglio. La burocrazia, ancora una volta, è più lenta dell’urgenza. E così, i locali restano chiusi. E la disperazione, invece, resta aperta.

"Il problema è nato a monte – ci racconta una fonte interna – quando hanno sfrattato la vecchia postazione del 118, che era perfettamente funzionante, per far spazio al servizio Veterinario. Una scelta che oggi si rivela sbagliata."

Una decisione che oggi costa cara. Non solo agli operatori costretti a turni massacranti in condizioni estreme, ma anche a chi attende l’arrivo di un’ambulanza. Perché, lo dicono loro stessi, uscire da quella postazione, specie nelle ore di punta, può richiedere il doppio del tempo.

Si parla spesso di valorizzare i beni confiscati alla mafia. A Gela uno di questi potrebbe essere usato per salvare vite, ogni giorno. Ma resta chiuso, in attesa di un timbro. Mentre chi lavora per l’emergenza, nell’emergenza è costretto a viverci ogni giorno.

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