Gela. Le estorsioni ai danni di diversi esercenti della città e il ruolo di Gianluca Pellegrino, per gli investigatori presunto collegamento tra i vecchi capi del gruppo mafioso degli Emmanuello e le nuove leve. In aula, nel corso del dibattimento scaturito dal blitz “Falco”, è stato sentito Davide Trubia, appena condannato nel giudizio di primo grado dell’inchiesta “Redivivi”. “Le estorsioni le facevo per avere i soldi da dare a mio fratello Rosario, che era in carcere – ha detto rispondendo alle domande del pm della Dda di Caltanissetta Elena Caruso – Francesco Vella? Non gli chiesi l’autorizzazione, però voleva essere informato”. Per gli investigatori, proprio Vella avrebbe deciso che Trubia, nel giro di messe a posto, andava affiancato da Gianluca Pellegrino. In base alla ricostruzione degli investigatori, Pellegrino sarebbe stato il protetto di Vella. “Erano parrinu e fighiozzu, così si chiamavano tra loro”, ha detto ancora Trubia, sentito in videoconferenza.
A giudizio, ci sono lo stesso Gianluca Pellegrino e Nunzio Alabiso, Emanuele Campo, Giovambattista Campo, Pietro Caruso, Giuseppe Di Noto, Emanuele Emmanuello, Angelo Famao, Emanuele Faraci, Guido Legname, Francesco Metellino, Alessandro Pellegrino, Rosario Perna, Daniele ed Emanuele Puccio, Emanuele Rolla, Loreto Saverino, Melchiorre Scerra, Angelo Scialabba e Gaetano Davide Trainito, Orazio Tosto e Nicolò Ciaramella. In udienza, è stato sviluppato solo l’aspetto investigativo delle estorsioni, che sarebbero state imposte da Trubia (già giudicato per questi fatti) e Vella. Il testimone ha risposto alle domande del difensore di Pellegrino, l’avvocato Giacomo Ventura che ha ricostruito alcuni dei fatti contestati all’imputato. Nel pool di difesa, ci sono inoltre gli avvocati Davide Limoncello, Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Cristina Alfieri, Francesco Enia, Salvo Macrì, Filippo Spina, Ignazio Raniolo, Mario Brancato, Salvatore Priola, Alessandro Del Giudice, Carlo Aiello, Salvatore Pappalaro e Antonio Impellizzeri.