Gela. Le condanne di primo grado vanno confermate.
Le armi. E’ questa la richiesta formulata dalla procura generale nel procedimento d’appello scaturito dall’inchiesta “Villaggio Aldisio”. Per gli investigatori, un gruppo di giovani, con base proprio nell’omonimo quartiere, avrebbe avuto la disponibilità di armi. I verdetti di primo grado sono stati impugnati da Nunzio Di Noto, Ignazio Brivitello ed Enzo Bruno Manfrè. Molte contestazioni caddero già davanti al giudice dell’udienza preliminare.
Per Di Noto arrivò la condanna a cinque anni di reclusione, un anno e dieci mesi per Brivitello e un anno e due mesi a Manfrè. Decisioni impugnate in appello dal loro legale di fiducia, l’avvocato Francesco Enia. Il difensore ha presentato una serie di documenti che riguardano perizie tecniche effettuate sulle armi ritrovate dai poliziotti, che si collegano ad un altro procedimento penale, a carico del solo Nunzio Di Noto. Il legale, la cui produzione documentale è stata acquisita, ha ottenuto la riunione dei due procedimenti. Tra le armi al centro delle indagini, ci sono anche un fucile a canne mozze e una vecchia pistola, trovati in un podere di campagna in contrada Burgio. A conclusione del giudizio abbreviato di primo grado, scattato dopo il blitz “Villaggio Aldisio”, caddero le accuse nei confronti di Di Noto rispetto al possesso delle armi. Venne condannato, però, per altre contestazioni mosse dai magistrati della procura. In aula, si tornerà a febbraio.