ROMA (ITALPRESS) – Sì allo smart working ma se regolamentato a dovere, per non farlo diventare una pratica a svantaggio del lavoratore. Lo sostiene, in un’intervista alla Italpress, il segretario generale dell’Ugl Paolo Capone, condividendo la proposta della Cgil e mettendo in evidenza luci e ombre emerse durante la quarantena. “Dalle testimonianze che ho raccolto sembra che funzioni bene come strumento di conciliazione vita -lavoro che è uno dei nostri obiettivi sindacali. Ma questo utilizzo emergenziale ha prodotto di fatto un tele-lavoro, cioè un lavoro da casa come quello in presenza (allo 8.30 devi accendere il computer, alle 17 lo spegni, un’ora per la pausa pranzo) e lo smart working non è precisamente questo: serve a impegnare il lavoratore su un obiettivo e sul raggiungimento del risultato, e all’interno di questo processo ognuno si gestisce il tempo come meglio crede. Rispetto a questa filosofia c’è una mancanza normativa per cui, se non sono definiti i tempi in cui uno può dedicarsi ad altro, lo smart working diventa una schiavitù. Invece va tutelato, per esempio, il diritto alla disconnessione. Quindi io sono assolutamente d’accordo sulla regolamentazione, creando un impianto di massima anche per i singoli contratti”. Ci sono controindicazioni da prevenire? “Bisogna tenere presente che il lavoratore tende alla socializzazione. Nel modello dei paesi nord-americani il collegamento con l’azienda viene garantito da rientri costanti (tre giorni di smart working e due in azienda). Perchè la partecipazione a un processo produttivo non è fatta solo di ore di lavoro: è accrescimento sociale, confronto di cervelli. E anche confronto sui propri diritti. In proposito, noi stiamo preparando un emendamento al primo provvedimento utile per considerare le piattaforme di teleconferenza come strumenti per fare le assemblee dei lavoratori in orari di lavoro, previste dalla legge 300”. Anche questo tema rientra nella definizione di nuovi modelli contrattuali e nuove tutele di cui lei ha parlato mercoledì, per il 50° dello Statuto dei lavoratori? “Assolutamente sì. C’è tutto un mondo di nuovi lavori e diritti da normare: nello smart working, ma anche nel terziaro e nel settore del commercio. Dobbiamo cambiare il modello di relazioni industriali, passando dal principio della lotta di classe all’accordo tra capitale e lavoro. Credo che sia anche giunto il momento di arrivare all’applicazione dell’art. 46 della Costituzione sulla partecipazione dei lavorartori alla gestione delle imprese”.
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