Lavoratore deceduto, l’accusa legata all’esposizione all’amianto in raffineria: tre assoluzioni

 
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Gela. Per la procura, ci fu esposizione all’amianto, al punto da far maturare una grave patologia che determinò il decesso di Salvatore Di Vara, un ex lavoratore di società impegnate nella fabbrica Eni. Il pm Luigi Lo Valvo, non individuando un nesso diretto tra questi fatti e i periodi di riferimento durante i quali gli imputati ricoprirono gli incarichi in Eni, aveva comunque concluso per l’assoluzione. Il giudice Miriam D’Amore ha chiuso il giudizio proprio con una pronuncia favorevole a Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame e Giorgio Clarizia. Il “fatto non sussiste”, così ha indicato il magistrato nel dispositivo letto in aula. Il non doversi procedere è stato disposto per Antonio Catanzariti, intanto deceduto. Nelle loro conclusioni, le difese hanno escluso che nel sito della multinazionale ci sia stata una possibile dispersione di polveri di amianto. Il lavoratore, secondo l’accusa, avrebbe contratto un mesotelioma sarcomatoide. Altro aspetto che i legali degli imputati hanno messo in discussione, sottolineando che sarebbero mancati i marcatori necessari per riscontrare questa specifica patologia.

Negli interventi hanno voluto precisare che l’operaio ebbe esperienze lavorative “per diciannove anni” in siti industriali diversi da quello di contrada Piana del Signore. Nella requisitoria, il pm aveva tenuto a spiegare che profili di responsabilità potevano essere appurati, rispetto al periodo di incarico, per Catanzariti, però è deceduto. Di Vara fu alle dipendenze di Enichem-Anic, della Praoil e di Agip Petroli. Iniziò la sua attività in raffineria negli anni ’70, per concluderla nel 1996.

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