Gela. “Quella Ford Focus procedeva alla deriva a causa della velocità”. E’ stata descritta così, usando le parole riportate in alcuni passi della relazione prodotta dalla polizia stradale, la dinamica di quanto accaduto lungo un tratto della Gela-Vittoria. La Focus guidata da Rocco Mondello andò a schiantarsi contro la Mercedes classe E dell’imprenditore Santo Occhipinti, che morì sul colpo. Il giudice Miriam D’Amore, alla fine di un dibattimento durato anni, anche a causa di diversi avvicendamenti tra magistrati, ha condannato ad un anno e quattro mesi di reclusione lo stesso Mondello, accusato di omicidio colposo. Gli sono state concesse le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena, ma solo a patto che venga versata per intero la provvisionale dovuta alla parte civile, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato del verdetto. Il pubblico ministero Pamela Cellura, al termine della requisitoria, ha chiesto una condanna più pesante, a due anni e sei mesi di reclusione. Per il pm, infatti, è stato pienamente provato che l’impatto mortale tra la Focus e la Mercedes dell’imprenditore avvenne solo per responsabilità dell’imputato, che avrebbe affrontato un tornante ad altissima velocità, perdendo il controllo. Avrebbe prima impattato contro una Fiat Panda che precedeva l’auto di Occhipinti e poi non ci fu possibilità di evitare il successivo scontro. La vittima, titolare di attività alberghiere e di ristorazione in città, morì sul colpo, nonostante i primi soccorsi prestatigli da altri automobilisti. Sia per il pubblico ministero che per il legale di parte civile, l’avvocato Giuseppe Cammalleri che ha rappresentato i familiari della vittima, Occhipinti indossava la cintura di sicurezza e avrebbe tentato di evitare lo scontro, ma senza averne alcuna possibilità. Anche su un possibile concorso di colpa si è giocato il giudizio. Secondo i legali dell’imputato, gli avvocati Joseph Donegani ed Emanuele Manganuco, Occhipinti non indossava la cintura di sicurezza e la causa della morte sarebbe stato lo schiacciamento della gabbia toracica. “Segno evidente – ha detto Donegani – dell’assenza della cintura. Se l’avesse indossata, non avrebbe avuto quelle conseguenze”.
Il legale ha ripercorso gli aspetti tecnici della dinamica, rifacendosi alla relazione prodotta da un perito di parte, che ha messo in discussione la ricostruzione d’accusa. Secondo la difesa, le indagini avrebbero dovuto verificare con maggiore attenzione l’aspetto del primo impatto tra la Focus e la Fiat Panda e quello della velocità tenuta dall’auto dell’imputato. Tutti elementi ripresi nelle conclusioni. Sul concorso di colpa ha puntato anche l’avvocato Claudia Caizza, in rappresentanza della compagnia assicurativa, chiamata come responsabile civile. Ha ulteriormente ribadito il fatto che Occhipinti non avesse la cintura di sicurezza. In aula, c’erano i familiari dell’imprenditore morto. Lo scontro avvenne mentre faceva ritorno a Vittoria. Il giudice D’Amore ha riconosciuto una provvisionale ai familiari da ventimila euro e il diritto al risarcimento dei danni, oltre alla sospensione della patente per un anno nei confronti dell’imputato.