L’amianto in raffineria, in aula parla un operaio: “Tanti colleghi più anziani sono morti”

 
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Gela. “Dei colleghi più anziani non è rimasto praticamente nessuno. Sono quasi tutti morti”. Un operaio, attualmente alle dipendenze della società Riva&Mariani, ha deposto in aula, davanti al giudice Marica Marino, nel dibattimento avviato contro manager Eni e imprenditori di aziende dell’indotto di raffineria. Al centro dell’indagine, la mancata attuazione dei necessari protocolli di sicurezza contro l’amianto killer. “Fino al 1996 non sapevamo neanche cosa fosse l’amianto – ha proseguito – nelle attività di coibentazione e scoibentazione usavamo solo mascherine di carta ma non avevamo l’obbligo di indossarle. Per il resto lavoravamo in ambienti molto polverosi. Fu dal 2002 che qualcosa è cambiato, alcuni colleghi vennero inviati fuori dalla Sicilia per fare dei corsi proprio sull’amianto”. Il lavoratore, entrato in fabbrica per la prima volta nel 1988, ha ripercorso diverse fasi della sua attività, spiegando di aver lavorato per alcuni mesi anche in cantieri di altri siti siciliani. Ha risposto alle domande del pm Sonia Tramontana e a quelle dei legali di parte civile e di difesa.

Le accuse vengono mosse contro Armando Grassi, Giancarlo Barbieri, Alfonso Valerio, Alessandro Colnaghi, Francesco Mauro, Salvatore Verniccio, Rocco Ardore, Antonio Catanzariti, Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Giuseppe Farina, Vito Milano, Salvatore Vitale, Giovanni Calatabiano, Giuseppe Genitori, Giorgio Daumiller e Arturo Borntragger. Uno dei legali di parte civile (l’avvocato Davide Ancona), che assiste lavoratori malati, ha chiesto chiarimenti proprio su quanto accadeva in fabbrica. In aula, hanno deposto altri due operai. Le difese escludono che i manager e i tecnici del gruppo Eni possano avere responsabilità, dato che i lavoratori dipendevano da aziende dell’indotto e non escludono che le patologie contratte possano avere origine diversa da quella dell’ambiente di raffineria. Le parti civili sono rappresentate anche dagli avvocati Ezio Bonanni e Claudia Caizza. La società Raffineria di Gela, invece, è in giudizio come responsabile civile.

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