Gela. Sono accusati di essere mandanti e killer di una plateale esecuzione, costata la vita al tassista cinquantaseienne Domenico Sequino, ammazzato nel dicembre di cinque anni fa, in pieno centro storico. Nicola Liardo e il figlio ventiduenne Giuseppe, in base alle indagini condotte dai pm della Dda di Caltanissetta e dai carabinieri, avrebbero dato l’ordine di ucciderlo. L’agguato sarebbe stato portato a termine dal ventinovenne Salvatore “Tony” Raniolo. Il compagno della figlia di Liardo avrebbe agito spalleggiato da un presunto complice, non ancora identificato. Da domani, gli indagati inizieranno a presentarsi davanti al gip del tribunale di Caltanissetta, che li sentirà nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Per primo, dovrebbe toccare a Raniolo, difeso dagli avvocati Flavio Sinatra e Davide Limoncello. Successivamente, sarà il turno dei presunti mandanti, il quarantacinquenne Nicola Liardo (rappresentato dagli avvocati Giacomo Ventura e Davide Limoncello) e il figlio Giuseppe (difeso dall’avvocato Davide Limoncello).
Sono almeno due le piste seguite dagli investigatori. Un credito di circa sessantamila euro che i Liardo avrebbero vantato nei confronti di Sequino, al quale i soldi erano stati consegnati per un investimento nel nord Italia. Somme che non gli sarebbero mai state restituite. Gli inquirenti, però, non escludono il presunto “affronto” di Sequino, che si sarebbe messo in mezzo, così da far saltare l’estorsione ad un noto imprenditore locale. Pare che i Liardo volessero metterlo in regola, chiedendogli soldi.