Gela. Un presunto accordo, secondo le accuse mosse dai pm della procura probabilmente finalizzato ad “aggiustare” una verifica fiscale in atto. A processo, davanti al collegio penale del tribunale, ci sono un brigadiere della guardia di finanza, adesso in pensione, e un medico, con studio professionale in città. A descrivere i sospetti su quanto sarebbe accaduto sono stati altri due finanzieri del comando locale, sentiti come testimoni. “Al comando, mi accorsi della loro presenza – ha detto uno dei testi – riuscì a sentire quello che si stavano dicendo. Parlavano della figlia del brigadiere che si sarebbe dovuta presentare, il martedì successivo, in via Marsala, portando fototessere e curriculum”. Un altro finanziere, impegnato nella verifica dei conti del professionista, ha raccontato ulteriori particolari. “Mentre eseguivamo l’accertamento al comando – ha spiegato rispondendo alle domande del pm Antonio D’Antona – sentivo che parlavano di un colloquio per l’inserimento della figlia del collega alla Croce Rossa. Dissi ad entrambi che non mi sembrava opportuno toccare argomenti di quel tipo durante le attività di accertamento e relazionai ai miei superiori”.
I sospetti dei colleghi. Sui presunti rapporti tra Salvatore Z. e Antonino C., i due imputati, vennero redatte due relazioni. I difensori degli imputati, gli avvocati Flavio Sinatra e Carmelo Tuccio, però, escludono che ci fosse un presunto patto. Hanno sottolineato, infatti, che il dialogo avvenuto all’uscita del comando arrivasse dopo la fine della fase di accertamento, quindi in un momento in cui non sarebbe stato possibile aggiustare l’eventuale esito. Gli approfondimenti fiscali sul professionista partirono a seguito della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi.