La rete di Rinzivillo, dodici condanne per più di 110 anni di carcere: assolto Catania

 
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Gela. Dodici condanne, per un totale di oltre centodieci anni di detenzione. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Francesca Pulvirenti e Martina Scuderoni), ha pronunciato il dispositivo che ha chiuso il dibattimento di primo grado, scattato dall’inchiesta antimafia “Extra fines”, messa a segno dai poliziotti della mobile e dai finanzieri del Gico di Roma, coordinati dalla Dda. Una lunga e complessa attività istruttoria, ha portato a pronunciare condanne per i fratelli ergastolani Antonio Rinzivillo (venti anni di detenzione per i fatti successivi al 2008) e Crocifisso Rinzivillo (trenta anni di reclusione in continuazione con precedenti verdetti). Sarebbero stati loro, seppur detenuti in carcere ormai da anni e sotto regime di 41 bis, a dare il comando della famiglia di Cosa nostra all’altro fratello, il sessantenne Salvatore Rinzivillo, che è già stato condannato in primo grado per le vicende dell’inchiesta “Extra fines”. I pm della Dda di Caltanissetta, come spiegato nella requisitoria dal pubblico ministero Luigi Leghissa, hanno concentrato la loro attività investigativa proprio sulla figura del sessantenne Salvatore Rinzivillo, che avrebbe riorganizzato la famiglia di mafia, muovendosi tra Roma, Gela e la Germania, con contatti frequenti fuori dall’Italia. Intorno a lui, avrebbero gravitato sodali, finiti nell’inchiesta e nel giudizio. Dodici anni sono stati imposti a Rosario Cattuto, già condannato per il troncone “Druso”. Il collegio ha disposto la condanna anche per Carmelo Giannone e Angelo Giannone, padre e figlio impegnati nel commercio ittico. In base alle indagini, avrebbero sfruttato la vicinanza di Salvatore Rinzivillo non solo per allargare l’attività in altre province ma anche per riscuotere crediti o pretendere condizioni di favore. Gli inquirenti accertarono che uno dei loro capannoni venne messo a disposizione per una riunione tra esponenti dei clan. Carmelo Giannone è stato condannato a dodici anni di detenzione; Angelo Giannone a sette anni e nove mesi. Ad entrambi sono stati imposti altri quattro mesi, per una delle contestazioni definite con il rito abbreviato, che ha determinato invece l’assoluzione per accuse legate al possesso di armi. Dieci anni e otto mesi sono stati pronunciati per Alfredo Santangelo, imprenditore etneo che avrebbe fatto da tramite economico per i Rinzivillo. Otto anni per Antonio Maranto e sei anni a Giuseppe Rosciglione, che avrebbero dato la loro disponibilità per le messe a posto di operatori del settore ittico, in province dove gli affari dei Rinzivillo, secondo gli inquirenti, si stavano sviluppando. Sei anni e otto mesi sono stati imposti a Francesco Maiale, altro operatore del settore ittico che si sarebbe messo a disposizione. Sette anni di reclusione sono stati decisi per Luigi Rinzivillo, legato a Salvatore Rinzivillo da rapporti di parentela. L’attenzione degli investigatori si concentrò sulla sua sala scommesse, in base alle indagini usata anche per riunioni decise da Salvatore Rinzivillo. Sei anni e otto mesi sono stati pronunciati per Umberto Bongiorno, che attraverso Rinzivillo avrebbe tentato di concretizzare investimenti commerciali nella zona di Roma. Sei anni e otto mesi anche per Vincenzo Mulè, ritenuto molto vicino a Rinzivillo, anche rispetto all’intenzione di riallacciare rapporti negli Stati Uniti. Per le posizioni dei fratelli Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo, ma anche per quelle di Luigi Rinzivillo, Umberto Bongiorno, Rosario Cattuto, Angelo Giannone e Carmelo Giannone, sono state pronunciate assoluzioni, ma solo per alcune delle accuse che venivano mosse. Il collegio, rispetto a diversi imputati non ha riconosciuto l’aggravante dell’articolo 416 bis, rispetto all’organizzazione mafiosa.

E’ stato assolto, con tutte le accuse cadute, l’imprenditore Emanuele Catania. Dall’indagine “Extra fines” era emersa una sua possibile contiguità al gruppo dei Rinzivillo e al boss sessantenne. Tra le contestazioni, l’essersi messo a disposizione per un presunto investimento economico in Marocco e gli inquirenti l’hanno considerato come connessione commerciale di Rinzivillo, anche nei rapporti con i palermitani Guttadauro e con i Giannone. L’imprenditore, difeso dall’avvocato Giacomo Ventura, si è sempre detto estraneo ai piani di Rinzivillo, anzi nel corso del tempo ha raccontato di aver più volte subito danneggiamenti e minacce per la messa a posto. Il collegio penale ha pronunciato l’assoluzione, revocando ogni misura restrittiva imposta all’imprenditore, che gestisce un importante gruppo nel commercio ittico su larga scala, anche a livello nazionale. Sono state accolte le richieste del difensore e dissequestrate tutte le sue quote societarie. Assoluzione anche per Fabio Stimolo (difeso dal legale Mirko Maniglia), che era finito nell’indagine perché a sua volta considerato vicino al gruppo di mafia. Già il pm della Dda aveva chiesto una decisione favorevole nei suoi confronti. Assoluzione anche per Luigi Savoldi. Assolto Giuseppe Licata, titolare di aziende nel settore dell’autotrasporto e dei mezzi da lavoro. Il collegio ha escluso qualsiasi suo legame con Rinzivillo, al quale non ha fornito sostegno, come già spiegato dal suo legale, l’avvocato Flavio Sinatra. Assoluzione piena infine per Antonio Passaro. Con un passato da affiliato, che non ha mai negato, ha però sempre spiegato di essersi da tempo allontanato dagli ambienti criminali. Il suo ruolo, ipotizzato dagli inquirenti, è stato del tutto rideterminato dalle difese, sostenute dagli avvocati Giovanna Cassarà e Antonio Gagliano. I legali hanno ribadito che Passaro non avrebbe avuto rapporti di nessun tipo con Rinzivillo e non si sarebbe mai messo a disposizione per estorsioni o per il recupero coatto di crediti. Nei suoi confronti erano stati chiesti otto anni di reclusione. Il collegio ha accolto la linea difensiva, assolvendolo. Inoltre, per Carmelo Giannone ed Angelo Giannone è stata disposta la confisca di beni per circa 70 mila euro e delle quote di una delle loro società. Confisca che i giudici hanno decretato anche per somme e beni riconducibili ad Umberto Bongiorno. A tutti i condannati è stata revocata qualsiasi indennità previdenziale né potranno ricevere o mantenere il reddito di cittadinanza, qualora ne fossero percettori. Tra i legali di difesa, ci sono inoltre gli avvocati Riccardo Balsamo, Boris Pastorello. Le difese degli imputati condannati impugneranno la decisione in appello.

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