Gela. In un vano, all’interno delle palazzine popolari di Scavone, vennero
ritrovati un motorino, ma anche targhe, pen drive e scatole vuote di gioielli.
I carabinieri a Scavone. Per i carabinieri e per i magistrati della procura, si sarebbe trattato di refurtiva, nascosta proprio in quel vano e riconducibile a Gaspare La Cognata. Alla fine, il collegio penale del tribunale l’ha condannato a cinque anni e mezzo di reclusione, in continuazione, a fronte degli otto che sono stati chiesti dal pm Ubaldo Leo. Per il magistrato, l’intera refurtiva sarebbe stata riconducibile a La Cognata. La ricostruzione, però, è stata del tutto contestata dal difensore dell’imputato, l’avvocato Flavio Sinatra.
“Quel vano – ha spiegato il legale – era in pessime condizioni e serviva anche al deposito di rifiuti. Come si fa a sostenere che fosse a disposizione dell’imputato, quando in realtà era stato assegnato al padre?”. Per la difesa, nella palazzina di via Rio de Janeiro, diverse famiglie avrebbero avuto la possibilità di utilizzare un vano che era sempre aperto e senza lucchetti.
Chiunque, quindi, avrebbe potuto piazzare la refurtiva, nel tentativo di nasconderla. Il collegio penale, con il presidente Miriam D’Amore, a latere Tiziana Landoni ed Ersilia Guzzetta, però, ha accolto la linea d’accusa, emettendo un verdetto di condanna.