La morte di Fecondo, medici in aula: nel dibattimento le ultime ore di vita dell’operaio

 
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Gela. Fatali sarebbero state le ferite interne riportate dal sessantaquattrenne Giuseppe Fecondo, vittima di un grave incidente sul lavoro nel luglio di quattro anni fa. Era impegnato in uno dei capannoni dell’area industriale ex Asi, quando precipitò dal tetto. Una caduta da almeno sei metri. Arrivò cosciente all’ospedale “Vittorio Emanuele”, ma le sue condizioni si aggravarono. Venne sottoposto ad un intervento chirurgico. I medici però non riuscirono ad evitare il decesso. A rispondere di omicidio colposo, davanti al giudice Miriam D’Amore, c’è il titolare dell’azienda per la quale l’operaio lavorava. Contestazioni che vengono mosse non solo a Davide Catalano ma anche alla stessa azienda. Sono rappresentati dagli avvocati Fabrizio Ferrara e Francesco Giocolano. In aula, sono stati sentiti due medici, altrettanti lavoratori e un carabiniere intervenuto in contrada Brucazzi. Hanno risposto alle domande del pm Pamela Cellura e dei legali delle parti. Il medico che si occupò del lavoratore al momento dell’arrivo al pronto soccorso dell’ospedale di via Palazzi ha confermato il rispetto dei protocolli previsti.

Per i difensori, però, non è da escludere che possano esserci state delle sottovalutazioni nell’esaminare le condizioni dell’uomo, inizialmente cosciente. Sulla salma non venne effettuata l’autopsia, anche se l’altro medico ascoltato ha comunque confermato la presenza di ferite compatibili con la caduta. Nel dibattimento, parti civili sono i familiari dell’operaio morto, rappresentati dagli avvocati Giacomo Di Fede, Cristina Guarneri e Rosario Giordano. Al centro delle valutazioni ci sono pure le misure di sicurezza che dovevano essere adottate. Alla prossima udienza, sarà la volta di nuovi testimoni.

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