Gela. “Mio fratello non ha perso la battaglia, a perdere sono stati i medici, gli infermieri, tutti coloro che non gli hanno voluto dare un aiuto, che non hanno voluto lottare con lui per sconfiggere il male”. E’ molto scossa Ornella Casciana, sorella del cinquantaduenne Massimo Casciana, morto nelle scorse ore per le conseguenze di due tumori e dopo una battaglia lunga, ma senza veri alleati. A Massimo Casciana sono state chiuse le porte di importanti istituti e centri di cura, soprattutto durante la fase più acuta della pandemia da Covid. La sua protesta pubblica, ripresa da questa testata, è servita a far emergere un caso drammatico. Con due tumori, il cinquantaduenne, molto conosciuto in città, era costretto a stare in casa, senza alcuna assistenza e dovendo anche convivere con la positività al Covid. Ha battuto il virus, ma probabilmente la burocrazia lo ha condannato. La sorella, che è a sua volta un’operatrice sanitaria nel nord Italia, parla chiaramente di un caso di malasanità. “Il male si poteva sconfiggere, se preso in tempo. Secondo me, qualcosa si poteva fare, ma non hanno voluto – dice ancora – e quindi non ha perso mio fratello, ma hanno perso loro e dovrebbero vergognarsi per quello che hanno fatto, perché i medici fanno un giuramento. Il giuramento li dovrebbe portare a stare accanto al malato, tentare sempre di guarirlo, non invece farlo morire senza dargli una minima cura. È questa la rabbia che ho dentro. Sì, il tumore sarà stato maligno, ma loro non hanno fatto nulla, neanche una piccola chemio per poter dire lo abbiamo aiutato. Quindi, oggi hanno perso loro, non ha perso mio fratello Massimo. Lui è stato solamente una vittima della malasanità”.
Ornella Casciana sta anche pensando di non partecipare ai funerali, per ribadire la sua rabbia. “Non è giusto – conclude – non voglio vedere mio fratello dentro una bara. Non accetto questa fine”. Dopo il trasferimento a Catania e il rientro in città, Casciana si trovava ricoverato all’hospice dell’ospedale “Vittorio Emanuele”. Fino all’ultimo ha cercato di non mollare e di stare ancora con la sua famiglia.