Gela. Depositate le motivazioni e, adesso, le difese si apprestano a presentare appello.
Il traffico di droga per conto dei clan. Lo scorso marzo, il collegio penale del tribunale condannò Alessandro Gambuto e il collaboratore di giustizia Pasquale Messina. Erano accusati di aver fatto parte di un gruppo, legato a cosa nostra locale, capace di gestire grosse partite di droga, con in testa eroina e cocaina, che arrivavano anche dal nord Italia. Undici anni di reclusione per Gambuto, sette anni e otto mesi per Messina. Non passò, infatti, la linea difensiva messa in campo dagli avvocati Cristina Alfieri, Guglielmo Piazza e Alessandra De Paola che hanno sempre escluso un coinvolgimento dei due imputati nel vasto giro di droga, sorretto dalle famiglie di cosa nostra. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, invece, hanno ribadito le contestazioni nei confronti dei due, nonostante i tanti anni trascorsi dal momento delle prime indagini sul traffico di stupefacenti organizzato da cosa nostra. Adesso, gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, sono pronti a presentarsi davanti ai giudici della Corte di appello di Caltanissetta. In base alla linea difensiva, Gambuto si sarebbe solo limitato ad eseguire gli ordini che arrivavano da Rosario Trubia che, però, gli aveva affidato le messe a posto di commercianti e imprenditori. L’ex boss Trubia non avrebbe mai accettato di buon grado gli affari legati al traffico di droga. La difesa di Messina, invece, già nel corso del dibattimento di primo grado, ha fatto emergere la scelta di dissociarsi compiuta dall’ex affiliato, tra i primi a dire basta e a collaborare con i magistrati.