Gela. L’affare della plastica tra le contrade Mignechi e Bulala ma anche la raccolta del ferro e le guardianie nelle aziende agricole della zona. Le indagini dei poliziotti. Sarebbe ruotato tutto intorno a questi punti cardine il presunto business del gruppo mafioso dei Trubia, finito al centro dell’indagine antimafia “Redivivi”. In aula, davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Marica Marino e Silvia Passanisi, è stato sentito uno dei poliziotti del commissariato che ha preso parte alle indagini. “Siamo partiti dalle rivelazioni di alcune fonti confidenziali – ha spiegato – da quanto ci risultava, i Trubia e i loro familiari minacciavano gli altri operatori del settore. Dovevano farsi da parte per non ostacolarli. La plastica dismessa veniva smaltita nel centro di raccolta della Sidi in contrada Macconi”. Così, i poliziotti del commissariato e quelli della mobile nissena avviarono una serie di verifiche, con appostamenti, riprese video e intercettazioni. Il poliziotto ha risposto alle domande formulate dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta Luigi Leghissa. L’attenzione degli investigatori si concentrò soprattutto su Davide, Vincenzo e Nunzio Trubia. Il testimone ha ripercorso anche la storia più recente, macchiata dall’omicidio di Massimo Trubia, fratello di Davide Trubia, ucciso da Emanuele Fontana, a sua volta fratello di uno degli operatori che sarebbero stati minacciati e danneggiati dai Trubia. Una morte marchiata dal tentativo di prendere il sopravvento nella gestione dell’affare della plastica tra le campagne della città.
Le difese e le presunte minacce. I difensori degli imputati, però, nel corso del loro esame, non hanno escluso che le accuse mosse ai Trubia possano essere legate alla rivalità tra i diversi operatori. “Abbiamo sentito gli altri operatori – ha detto l’investigatore – posso comunque confermare che si muovevano per conto della Sidi ma senza un vero rapporto contrattuale. Escludo che fossero forniti di regolari licenze per la raccolta della plastica e del ferro”. Non a caso, i difensori hanno inoltre cercato di verificare se gli operatori che sarebbero stati minacciati ed esclusi dopo l’avvento dei Trubia avessero a loro volta contatti con eventuali gruppi criminali. A processo, ci sono Vincenzo Trubia, Davide Trubia, Rosario Trubia, Luca Trubia, Simone Trubia, Rosario Caruso, Ruggero Biundo e il ventiseienne Rosario Trubia. Nel pool di difesa ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Nicoletta Cauchi, Raffaella Nastasi e Annarita Lorefice. Nel procedimento, sono parti civili le associazioni antiracket, con l’avvocato Giuseppe Panebianco, gli imprenditori che avrebbero subito pressioni dagli imputati, con l’avvocato Giovanni Bruscia, e il Comune, rappresentato dall’avvocato Anna Gambino, oltre all’associazione Codici.