Gela. E’ ancora muro contro muro tra accusa e difese, nel dibattimento per l’omicidio dell’allora ventiduenne Orazio Sotti, ucciso dai killer nei pressi del garage di casa a Fondo Iozza.
Una delle testimoni sentita dalle difese. Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta, ci sono i fratelli niscemesi Giuseppe e Salvatore Cilio. In base alle indagini, sarebbero stati loro ad organizzare ed eseguire l’azione di morte. Il giovane venne colpito nel dicembre di diciassette anni fa. Standdo alla ricostruzione d’accusa, l’idraulico avrebbe pagato con la vita uno “sgarro” sentimentale, avendo avuto relazioni con le allora compagne dei due imputati. I difensori, gli avvocati Salvo Macrì e Luigi Cinquerrui, però, hanno nuovamente messo in discussione i metodi utilizzati, in fase di indagine, dagli investigatori e la fondatezza di quanto dichiarato da alcuni testimoni, a cominciare dalla sorella dell’ex compagna di Giuseppe Cilio. La donna ha risposto alle domande dei difensori e a quelle del pm. Da quanto emerso, ha comunque confermato di non avere certezze circa la disponibilità di una pistola da parte dello stesso Giuseppe Cilio. La donna, inoltre, ha raccontato di lunghi interrogatori, sostenuti dopo l’avvio delle indagini, che l’avrebbero condotta, in alcuni casi, a rilasciare dichiarazioni che i difensori considerano “forzate”. Proprio su questi punti, gli avvocati Macrì e Cinquerrui stanno cercando di valutare gli elementi a loro disposizione. I due fratelli niscemesi non hanno mai ammesso di aver avuto un ruolo nell’omicidio di Orazio Sotti. Intanto, i giudici hanno escluso l’acquisizione di una nota investigativa che il pubblico ministero avevo chiesto di produrre. I difensori si sono opposti all’utilizzabilità. I familiari della vittima sono costituiti parte civile, con l’avvocato Giuseppe Cascino. Proprio l’insistenza dei genitori del giovane ucciso, dopo che l’indagine era stata archiviata, ha condotto gli investigatori a riaprire il caso.