L'inchiesta "Parenti serpenti", il giro di droga scoperto dopo una rapina ad un supermercato della città

Gela. Le indagini, partite da una rapina messa a segno all’interno di un supermercato di via Crimea, portarono i poliziotti del commissariato ad individuare una presunta rete di spacciatori, soprattut...

21 maggio 2017 16:32
L'inchiesta "Parenti serpenti", il giro di droga scoperto dopo una rapina ad un supermercato della città -
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Gela. Le indagini, partite da una rapina messa a segno all’interno di un supermercato di via Crimea, portarono i poliziotti del commissariato ad individuare una presunta rete di spacciatori, soprattutto giovani.

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Le indagini. E’ quanto emerso, in aula, dall’esame di due agenti di polizia che si occuparono dell’inchiesta “Parenti serpenti”. A rispondere di quei fatti, davanti al collegio penale presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Ersilia Guzzetta e Tiziana Landoni, ci sono Salvatore Blanco, Simone Morello, il ventiquattrenne Giovanni Rinzivillo, Filippo Sciandrello e Salvatore Scordio. Sono tutti accusati di aver avuto un ruolo nel giro di spaccio ricostruito dai poliziotti. “Dalle indagini che partirono dopo la rapina al supermercato di via Crimea – ha detto uno degli agenti sentito in aula – capimmo che dietro all’azione c’era la complicità di uno dei dipendenti. Sottoponendolo a verifiche e intercettazioni, siamo risaliti ad una serie di continui contatti”. La droga veniva acquistata anche a Catania, così come ribadito dai poliziotti. La droga era piazzata anche nei pressi dell’abitazione di uno dei giovani finiti nell’inchiesta, che è già stato condannato per gli stessi fatti. I poliziotti hanno risposto alle domande formulate dal pubblico ministero Andrea Sodani e a quelle dei difensori degli imputati, gli avvocati Giovanni Cannizzaro, Flavio Sinatra, Nicoletta Cauchi, Raffaela Nastasi e Paola Carfì. Gli imputati, già in fase di indagine, hanno escluso di aver fatto parte del presunto gruppo di spacciatori individuato dagli investigatori. Secondo i pm della procura, inoltre, i contatti sarebbero stati favoriti dai rapporti di parentela tra alcuni dei presunti pusher.

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