Gela. L’amministrazione comunale, da mesi ormai, cerca di trovare una soluzione finalizzata ad incassare l’Ici sulle piattaforme di Eni, mai pagata dall’azienda.
La norma a favore delle compagnie. Il governo nazionale, però, nella nuova “manovrina” di correzione ha inserito una norma che rischia di bloccare tutto, escludendo l’obbligo dei pagamenti Ici, Imu e Tari “sulle costruzioni ubicate in mare”. Una definizione che, inevitabilmente, si estende anche alle piattaforme lungo la costa locale. Una recente missione romana dell’assessore Fabrizio Morello è servita proprio a cercare un’intesa con i legali della società, mentre sono pendenti i ricorsi alla Corte di Cassazione contro le decisioni della commissione tributaria provinciale e regionale, favorevoli proprio alla multinazionale. In ballo, ci sono somme non inferiori a tre milioni e mezzo di euro, almeno per i pagamenti Ici relativi al periodo 2003-2008. A questo punto, però, l’intesa transattiva potrebbe anche saltare, qualora la norma diventasse definitiva. Per i tecnici del governo, le costruzioni ubicate in mare “non sono iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati”. Di conseguenza, non può esserci rendita. Una dura reazione è arrivata anche dall’avvocato Ferdinando D’Amario che segue tante vicende di questo tipo, compresa quella dei ricorsi presentati in Cassazione dal Comune. A questo punto, il “banco” potrebbe veramente saltare con una norma che sembra tutelare solo le grandi compagnie estrattive. I legali di Eni, negli scorsi giorni, hanno impugnato gli accertamenti Imu per il periodo 2012-2015 e quello relativo alla Tasi 2015. Tutti pagamenti chiesti dal Comune alla multinazionale del cane a sei zampe sia sulle piattaforme sia su immobili dell’azienda presenti in città.