Gela. “Cercò di uccidermi più volte su ordine di Maurizio Morreale ma, dopo, lo perdonai e divenne un mio fedelissimo”.
La lotta per il potere in città. L’ex reggente di cosa nostra Rosario Trubia ha deposto, in videoconferenza, durante il dibattimento che si sta celebrando a carico di Alessandro Gambuto e del collaboratore di giustizia Pasquale Messina. Entrambi, difesi dagli avvocati Cristina Alfieri e Guglielmo Piazza, sono accusati di aver fatto parte di un vasto giro di droga che dalla Lombardia arrivava in città, tutto sotto il controllo dei clan. “Piddu Madonia – ha continuato l’ex reggente oggi collaboratore di giustizia – aveva deciso che il comando a Gela doveva spettare alla famiglia Emmanuello. L’ambasciata arrivò tramite Luigi Ilardo. Io dovevo essere il reggente. La mia richiesta, però, era chiara. Bisognava uccidere Maurizio Morreale che, a sua volta, aveva cerato di eliminarmi tramite ragazzi come Alessandro Gambuto e Marco Incardona. Gambuto, dopo il mio perdono, si mise a disposizione per uccidere Morreale”.
La droga arrivava da Milano. Stando al collaboratore di giustizia che ha risposto alle domande formulate dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta Gabriele Paci e a quelle dei legali di difesa, la droga arrivava da Milano. “A Milano – ha detto – c’erano i fratelli Argenti e i fratelli Di Stefano insieme a Orazio Minardi. Gambuto, su mio ordine, si occupava a Gela soprattutto di droga e estorsioni. Viaggiava molta eroina ma io non mi sono mai interessato della droga. Non mi piaceva”. Lo stesso collaboratore di giustizia ha confermato di ricordare la presenza in città di Pasquale Messina, senza comunque scendere in maggiori particolari. Adesso, lo stesso Messina potrebbe essere sentito nel corso della prossima udienza fissata per l’1 aprile.