Inganno sociale, arrestati mandante ed esecutore del rogo all’Hi-tech Cafè

 
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Gela. Il procuratore Lucia Lotti lo ha definito un “inganno sociale”. Non è la solita truffa alle assicurazioni quella scoperta dal reparto territoriale dei carabinieri, che hanno scoperto mandante ed autore dell’incendio all’Hi-tech Cafè.

In manette sono finiti il titolare del bar, Rocco Ascia, 36 anni, e Alessandro Di Fede, 20 anni, incaricato dal primo di appiccare il fuoco al suo locale il 31 maggio scorso. Il Gip del tribunale, Veronica Vaccaro, ha firmato due ordinanze di custodia cautelare in carcere. L’accusa è di incendio aggravato in concorso perché, con l’obiettivo di ottenere il risarcimento del danno da parte della società assicuratrice, cagionavano l’incendio dell’attività commerciale. Il bar era intestato alla moglie di Ascia, Alessandra Moscato, estranea alla vicenda.

Il locale era stato assicurato per un milione di euro. Gli affari non andavano bene e Ascia aveva deciso di fare il grande colpo. Alle due di notte del 31 maggio l’intervento dei carabinieri in via Palazzi per la segnalazione dell’incendio preceduto da una deflagrazione. L’“Hi-Tech Cafè” era avvolto dalle fiamme. Il sopralluogo ha chiarito immediatamente la natura dolosa del rogo, ma la prima ispezione del tenente colonnello Alessandro Magro mise in luce alcune anomalie. Tre porte erano aperte e solo una quarta era stata forzata, ma dall’interno. Non c’erano altri segni di effrazione.

Le indagini, condotte a 360 gradi dai carabinieri e dalla Procura per un periodo complessivo di quattro mesi, hanno portato ad appostamenti, pedinamenti, escussione di testimoni, accertamenti patrimoniali, anche in collaborazione con la compagnia della Guardia di Finanza di Gela, che hanno permesso di acquisire importanti elementi di riscontro. La seconda anomalia riguardava i tempi. Ascia disse di essere uscito dal locale all’1,37, mentre l’incendio risulta appiccato tre minuti dopo. Illogico che tutto sia avvenuto in così poco tempo senza che le porte non fossero state lasciate aperte.

Di Fede venne, ingaggiato dietro la promessa di soldi. Il compenso pattuito era di tremila euro, la metà dei quali consegnati da Ascia come acconto.

L’episodio è stato collocato fuori da ambiti di crimine organizzato anche se Ascia è stato arrestato in passato per associazione mafiosa perché ritenuto vicino agli Emmanuello. Il pentito Carmelo Billizzi invece colloca Di Fede tra i giovani criminali emergenti.

L’incendio dell’HI-TECH doveva passare per l’ennesimo tentativo di imposizione, da parte di una riorganizzata criminalità gelese, della “messa in regola” di un commerciante riottoso, interpretazione questa idonea ad accrescere allarme sociale a al contempo a danneggiare l’immagine della città. 

 

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