Gela. Il notaio Andrea Bartoli, assai conosciuto anche per la sua attività a supporto del progetto Farm cultural park per lo sviluppo di iniziative artistiche di rigenerazione urbana, è tra gli indagati nell’inchiesta sull’Ipab Aldisio. Non è stato destinatario di misure e al centro delle verifiche ci sono rapporti con don Giovanni Tandurella (ai domiciliari nella stessa indagine), rispetto ad un lascito testamentario di una donna. Si ipotizzano la tentata truffa e il falso. Il professionista ha rilasciato una nota pubblica nella quale si rivolge ai pm della procura, Luigi Lo Valvo e Ubaldo Leo, impegnati nell’inchiesta. Considerazioni, quelle di Bartoli, anche molto critiche, respinte dall’Anm della sezione di Caltanissetta. L’Associazione nazionale interviene a sostegno dei due pm. “Accuse tendenziose e melliflue”, così le definiscono i magistrati Anm. Hanno rilasciato una nota. “Accuse ancor più gravi perché provengono da chi, definendosi “giurista”, svolge la professione di notaio, nei confronti di due magistrati che svolgono le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso la Procura della Repubblica di Gela. I dottori Luigi Lo Valvo e Ubaldo Leo sono stati profondamente lesi, nell’esercizio della funzione giudiziaria, dai post pubblicati su social network dal notaio Andrea Bartoli. I due magistrati sono stati chiamati per nome di battesimo da chi non li conosce e dileggiati con toni fintamente paternalistici da riferimenti alla loro presunta inesperienza, nonché da riferimenti ai loro figli, indubbiamente di cattivo gusto. Da anni come magistratura associata denunciamo i limiti di una normativa sulla pubblicazione di atti coperti dal segreto non adeguata a proteggere gli interessi delle persone sottoposte ad indagine. Ma non è certo paventando, su facebook o sui media, che i pubblici ministeri titolari di un’indagine abbiano passato le notizie ai giornalisti che si risolve il problema. Laddove si fosse convinti del contrario, male avrebbe fatto il notaio a non recarsi immediatamente a denunciarli presso le sedi competenti. Senza entrare nel merito della fondatezza dei fatti contestati, fermamente convinti che ci si debba difendere nel processo e non dal processo, è opportuno riportare, sia pur brevemente, una corretta informazione in ordine alla scansione procedimentale della vicenda”, così spiegano i magistrati.
L’Anm conferma che sulla posizione di Bartoli non ci sono state anomalie procedurali o informative, invece ipotizzate dal notaio, che si ritiene del tutto estraneo alle accuse. “Per Andrea Bartoli, indagato per due fattispecie di reato in concorso con altri tre soggetti, a differenza che per uno di essi, attinto da misura custodiale, non è stata chiesta dalla Procura di Gela alcuna misura cautelare; dunque, correttamente, non gli è stata notificata l’ordinanza di applicazione delle misure cautelari, venendo tuttavia a conoscenza delle imputazioni a suo carico da terzi. Non sono stati compiuti atti procedimentali nei confronti di Andrea Bartoli per i quali fosse necessaria la presenza del suo difensore, pertanto non è stato destinatario di informazione di garanzia. Il pubblico ministero ha depositato tempestivamente le richieste di proroga delle indagini preliminari, anche per Bartoli. Infine, la parola “Avaritia” non è mai stata usata dai magistrati né nel comunicato diffuso dalla Procura di Gela né nel corso della conferenza stampa all’uopo indetta, in piena ottemperanza a quanto previsto dall’art. 3 del decreto legislativo n.188/2021”, riporta ancora la nota. L’Anm si schiera con i due pm. “Esprimiamo pertanto piena solidarietà ai colleghi della Procura della Repubblica di Gela, nella certezza che tali iniziative non potranno turbarne la serenità e la determinazione nel quotidiano impegno”, concludono i magistrati della giunta distrettuale Chiara Benfante, Santi Bologna, Calogero Cammarata, Eleonora Guarnera, Massimo Trifirò e Martina Scuderoni.