Gela. Tocca ai legali di difesa esporre le rispettive conclusioni nel giudizio d’appello, successivo all’inchiesta “Redivivi” che ha condotto a scoprire una presunta organizzazione criminale, capace di controllare il mercato della raccolta della plastica e quello delle guardianie, in alcune aree rurali della città. I legali Flavio Sinatra, Cristina Alfieri, Nicoletta Cauchi e Carmelo Tuccio hanno impugnato le condanne di primo grado, ma la procura generale spinge per l’inasprimento dei verdetti, ritenendo che quella dei Trubia fosse una vera e propria organizzazione mafiosa, tale da estromettere altri possibili operatori del settore. Diciannove anni di reclusione sono stati chiesti per Vincenzo Trubia, sedici anni per Davide Trubia, Nunzio Trubia e per Rosario Trubia (1990), tredici anni per Ruggiero Biundo e undici anni per Simone Trubia, Luca Trubia e Rosario Caruso. In primo grado, un verdetto di condanna era stato pronunciato anche nei confronti di Rosario Trubia (1989). Per lui, la procura generale chiede un anno di reclusione. Quanto sostenuto dai banchi d’accusa è stato confermato dai legali di parte civile che assistono gli operatori ritenuti vittime, l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”, la Fai e l’associazione Codici. Sono rappresentati dagli avvocati Giovanni Bruscia, Giuseppe Panebianco e Mario Campione. Parte civile è anche il Comune, con il legale Marco Granvillano che ha esposto le proprie conclusioni davanti ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta.
Le difese sono convinte che non sia mai esistito un gruppo Trubia, collegato alla struttura criminale di cosa nostra. La decisione potrebbe arrivare a luglio.