Gela. Le indagini sono state chiuse e ruotano intorno a presunte irregolarità nella gestione dell’Ipab “Aldisio”, quando la guida della struttura di Caposoprano era di don Giovanni Tandurella. Sono quattordici i convolti, oltre alla società privata “La Fenice”. Secondo i pm della procura e i carabinieri, infatti, la società sarebbe riuscita ad ottenere la gestione di strutture e servizi della casa di riposo, anche a seguito di un presunto accordo corruttivo. Negli scorsi mesi, sono state revocate le misure personali che erano state imposte ai principali indagati. Questa mattina, invece, le difese di tre coinvolti hanno discusso i ricorsi presentati in Cassazione. Riguardano i provvedimenti firmati dal gip. Ai giudici romani si sono rivolti i legali di don Tandurella, dell’amministratore della società “La Fenice” Renato Mauro e dell’ex consigliere comunale Sandra Bennici, che a seguito dell’inchiesta ha scelto di lasciare l’assise civica. Per i difensori, le contestazioni mosse dai pm non troverebbero riscontri. Sono stati illustrati i motivi, sui quali i giudici romani si sono riservati di decidere. I coinvolti, davanti al gip, avevano negato qualsiasi irregolarità. Gli atti del rapporto contrattuale instaurato tra Ipab e la società “La Fenice” vennero dichiarati nulli dal commissario nominato dalla Regione.
Partirono indagini, fino alle misure inizialmente imposte e poi revocate. I ricorsi sono stati proposti in Cassazione dall’avvocato Giovanna Zappulla (nell’interesse di Tandurella), dal legale Giacomo Ventura (per Mauro), e dall’avvocato Flavio Sinatra (in rappresentanza di Bennici). Nel corso delle indagini, gli investigatori hanno proceduto a sequestri, anche di tipo patrimoniale.