Gela. La Corte di Cassazione non ha accolto i ricorsi presentati dalle difese di alcuni coinvolti nell’inchiesta sulla gestione dell’Ipab Aldisio. Si puntava principalmente sulla possibile insussistenza delle contestazioni mosse dai pm della procura, anche rispetto alle iniziali misure applicate. Secondo gli inquirenti, ci sarebbero state pesanti irregolarità anzitutto nei rapporti tra l’ex guida della casa di riposo, don Giovanni Tandurella, e i vertici della società privata “La Fenice”, che ottennero per un certo periodo la piena gestione di strutture e servizi. Atti che vennero successivamente dichiarati nulli dal commissario nominato dalla Regione. Gli inquirenti ritengono inoltre che ci furono irregolarità rispetto all’ottenimento di donazioni e lasciti concessi da ospiti della struttura e da familiari. Si tratta di un troncone dell’indagine che tocca soprattutto don Tandurella (difeso dal legale Giovanna Zappulla). Per il sacerdote, negli scorsi mesi, c’è stata la revoca degli arresti domiciliari ma sussistono altre misure. Il ricorso non è stato accolto neanche per la posizione dell’ingegnere Renato Mauro, amministratore della società “La Fenice”. E’ assistito dall’avvocato Giacomo Ventura che ha invece insistito per l’annullamento.
La Cassazione, invece, ha individuato una carenza di interesse rispetto al ricorso avanzato dalla difesa dell’ex consigliere comunale Sandra Bennici (rappresentata dall’avvocato Flavio Sinatra). A fine ottobre, infatti, il gip del tribunale ha disposto la revoca della misura interdittiva che le era stata applicata. Era già venuta meno quella personale dell’obbligo di presentazione (così come per Mauro). I pm della procura, intanto, hanno chiuso le indagini e si attende la fissazione dell’udienza preliminare per tutti i coinvolti. In totale, sono quattordici, oltre alla società “La Fenice”.