Gela. La magistratura ieri sera ha dissequestrato il cantiere della Raffineria interessato martedì scorso da un incendio. Le indagini sono state veloci e hanno permesso di impedire il paventato pericolo di fermo all’ultima linea produttiva del colosso energetico Eni.
Da qualche giorno, a causa dei sigilli al cantiere, si era registrato un’allarmante ritardo della fornitura delle materie prime, tanto da preoccupare i seicento operai che avevano temuto il blocco delle attività e il conseguente incubo della cassa integrazione.
L’incendio, di lieve entità, si era verificato alla testa del pontile che sfocia alla diga Foranea, interessando la linea di trasporto merci.
Sulla vicenda era intervenuta tempestivamente la capitaneria. Ieri pomeriggio i tecnici della Procura hanno ritenuto opportuno dissequestrare le aree. Gli stessi, intorno alle 17 hanno effettuato l’ultimo sopralluogo al cantiere prima di decidere di dare il via libera al petrolchimico.
I periti hanno indagato sulle cause dell’incendio che, secondo le ultime indiscrezioni, potrebbe essere stato causato da una leggerezza di un operatore. Quest’ultima notizia non è stata confermata da nessuno. Si parla di una fiammata a una valvola probabilmente chiusa male. Anche i vertici della Raffineria hanno avviato un’indagine interna per comprendere le cause dell’incidente verificatosi alla testa del pontile.
Dal centro direzionale del palazzo di vetro dell’Eni non trapelano ulteriori indiscrezioni. Rimane la certezza che in quell’area era stato effettuato un intervento di manutenzione programmata, solo qualche giorno prima dell’incidente alla linea P2.
Uno di quegli interventi periodici che dovrebbero garantire il corretto funzionamento dell’impianto e tutelare la sicurezza dei lavoratori. Il dissequestro comunque consente di riavviare la linea e sopperire alla scarsa autonomia di materia prima dovuta al fermo che si è protratto per alcuni giorni. Nel pomeriggio di ieri la situazione è tornata lentamente alla normalità, ripristinando l’attività produttiva e quella dell’attracco delle navi che aveva subito dei gravi rallentamenti.
La vicenda ha evidenziato le criticità della Raffineria già colpita duramente dalla crisi del settore sfociato con fermo di due delle tre linee di produzione. Una condizione pagata da quattrocento lavoratori con la cassa integrazione ma che le organizzazioni sindacali in collaborazione con i vertici Eni stanno utilizzando avviando investimenti che porteranno all’ammodernamento degli impianti e il conseguente miglioramento dell’attività produttiva.