Gela. Un testamento spirituale lasciato in eredità alla città da fra Rocco Quattrocchi. E’ quanto di più prezioso il frate buono ha lasciato ai suoi cari e non solo. Una lettere scritta di pugno lo scorso 25 aprile, prima che le condizioni del frate peggiorassero sempre più, per lasciare ai suoi affetti un senso di pace e un insegnamento degno di uomo di Dio. Un esempio per la collettività per Fra Rocco, che siamo certi abbia raggiunto il Paradiso tra le braccia della Madonna. Ecco di seguito il testo della lettera donataci da Fra Rocco.
“Signore Gesù, avere te é avere tutto. Bisogna cercare dentro di sé la forza per andare avanti, forza che nasce non da se stessi, ma che viene dall’alto, che viene da Dio, che viene dalla comunione della Santissima Trinità. Il Padre nel suo grande progetto di amore ha voluto, non solo creare le cose, ma darle all’uomo, ma egli non ha saputo gestire le cose che Dio gli ha dato. Ognuno di noi non ha saputo gestire la bellezza, né custodirla ad immagine e somiglianza di Dio, di conseguenza ha deturpato la bellezza rendendo brutto ciò che è bello, deturpando così se stesso e le cose che Dio gli ha donato. L’uomo col suo orgoglio, col suo egoismo è caduto nella trappola del demonio. Il primo peccato quello di Adamo ed Eva è stato il peccato che ha deturpato la bellezza della natura. Il Figlio espressione massima della bellezza del Padre, venendo nel mondo, attraverso il Sì della Mamma celeste, ha voluto riconsegnare alla natura e all’uomo, la bellezza che il Padre aveva già creato. Il Figlio ha voluto redimere tutte le cose create, accettando la bruttezza della morte in croce, rendendo la croce espressione di bellezza. Chi rende bello ciò che è brutto è chi sta appeso alla croce, che dona ancora una volta all’uomo tutta la bellezza, rendendolo pieno della grazia di Dio. Venendo battezzati dal sangue del Figlio Gesù siamo rivestiti dell’abito bello della cerimonia. Ma anch’io, come tutti, col mio peccato e il mio orgoglio ho contribuito a deturpare la bellezza del creato. Avverto nella mia piccola sofferenza che il Signore mi chiama per un suo progetto di amore, che passa attraverso la croce, come il Sì della Mamma celeste. Affinché possa dare un contributo attraverso la sofferenza, per ridare alla natura e all’uomo la propria bellezza. Accetto questa grazia che Dio mi sta dando in questo particolare momento come un tempo favorevole, un tempo della sua grazia, per essere espressione dell’amore di Dio. Nella sofferenza si trova Cristo e accanto a Lui la Mamma celeste, la Mamma delle grazie, la Mamma che ci offre la grazia. Gesù, ci offre innanzitutto la possibilità di leggere la storia nel piano di salvezza, perché tutti noi, possiamo rendere bello ciò che la sta rendendo brutta. Perciò abbiamo un compito, pregare per l’uomo 2 affinché si converta e cambi il suo modo di vivere: nella società, nella chiesa, nei vari servizi, nella pubblica amministrazione. Abbiamo il compito di pregare per il ministro di Dio che con la sua vocazione e la grazia ricevuta nella consacrazione sacerdotale è la cosa più preziosa che tutti noi abbiamo. La grazia del sacerdozio, infatti, ci rende sempre più simili al sommo ed eterno Sacerdote. Agli uomini e alle donne che vivono all’interno delle nostre comunità ecclesiali desidererei dire: siate anche voi espressioni della bellezza del creato cercando di esprimere sempre più il Cristo pasquale, vivendo come le prime comunità cristiane, lasciando trasparire la bellezza del Padre, del Figlio e dello Spirito. Non perdiamo mai quello che Dio ci ha donato, tutto rimane come sigillo, non si può mai cancellare quella bellezza. Le rughe provocate dal nostro peccato verranno cancellate, la grazia di Dio rimarrà sempre in noi. Padre, Figlio e Spirito Santo sono l’espressione dell’amore e della comunione ad intra e ad extra. Questo mi dà gioia e speranza di vivere questi momenti di sofferenza come momenti di grazia, prendendo sempre più coscienza della mia fragilità, ma nello stesso tempo avendo fiducia che Dio cammina con me.
Gela, 24/25 Aprile 2015 fr. Rocco Quattrocchi