Gela. “Dopo la sua fuga, iniziammo a mettere sotto stretta osservazione i familiari e le persone a lui più vicine”. Marino accusato di aver favorito la latitanza di Russello. In questo modo, gli agenti di polizia del commissariato arrivarono all’arresto del ventiseienne Mirko Russello, accusato del tentato omicidio di un rivale. A processo, però, accusato di averne favorito la latitanza, è finito anche il coetaneo Salvatore Marino. Russello venne arrestato all’interno di uno stabile dello Iacp in via Castore, nella zona di Marchitello. I poliziotti che lo cercavano arrivarono in quella zona dopo una serie di verifiche e controlli. “Russello si diede alla latitanza – ha spiegato il sostituto commissario sentito in aula – allora, iniziarono le intercettazioni telefoniche e le riprese video. Notammo che, in alcune occasioni, riusciva a fare spola dall’abitazione di famiglia allo stabile di via Castore, dove viveva Marino”. L’investigatore ha risposto alle domande del pm Tiziana Di Pietro e a quelle del legale di difesa, l’avvocato Francesco Enia. “Russello venne arrestato mentre cercava di fuggire dal tetto dello stabile – ha detto il testimone rispondendo alle domande della difesa – nell’abitazione di Marino trovammo documenti e abiti riconducibili proprio a Russello”. Il difensore ha comunque messo in luce come lo stesso Russello non fosse mai stato ripreso all’interno dell’appartamento dell’imputato. Diversi fotogrammi ripresi dai sistemi piazzati dai poliziotti sono stati mostrati al testimone. Il pm Di Pietro ha inoltre chiesto una perizia sul contenuto di una delle intercettazioni al centro dell’indagine. Il giudice Silvia Passanisi si è riservata la decisione.